Il mio Ététrad 2018 (visto da vicino)

Ho una visione un po’ particolare (o parziale) di Ététrad, perché non ballo. In verità negli anni ho fatto qualche tentativo di balfolk ma con conseguenze disastrose. L’ultima volta all’Isola d’Elba, settembre 2017, dopo una Chapelloise – o era un Circolo Circasso (che bel nome) – mi si è infiammato a dismisura il tendine d’achille sinistro già malandato, cosa che mi ha portato dritto e filato in sala operatoria. Per la cronaca, ora potrei anche correre e ballare, ma ci vado cauto. Riprendo il filo. Non ballo, ma vado ugualmente a  Ététrad, uno perché mi piace vedere la gente che balla, due per i gruppi che si esibiscono. Credo che per i danzatori il raduno di Charvensod sia una festa da ballo prolungata, per me è soprattutto un festival musicale. Gli appassionati di balfolk costituiscono un popolo migrante – eterogeneo, colorato, ecologicamente educato, di ogni età – che passa da una manifestazione all’altra e a cui giorno e notte paiono essere la medesima cosa. Nel senso che ballerebbero anche 24 ore consecutive o facendo il giro dell’orologio più volte. Li invidio, mi dispiace non appartenere a questa tribù. Per cui mi limito a osservarli, e per me Ététrad è diventato un appuntamento fisso.
Ho avuto contezza dell’esistenza del balfolk una decina di anni fa, ma il primo contatto con la manifestazione creata dalla famiglia Boniface e ora organizzata dall’Associazione Ététrad è stato ad Avise nel 2013, location molto suggestiva. Ne avevo raccontato alcuni aspetti con un certo entusiasmo. Poi ho partecipato all’edizione del 2015 a Gressan, era la diciottesima edizione e ne avevo scritto la presentazione. Nel 2016, 2017 e 2018 Ététrad ha trovato infine un’ottima collocazione nell’area di Plan Félinaz a Charvensod.
Ogni anno vengo qui e mi prostro di fronte a sua maestà l’Organetto, ovvero l’essenza del balfolk. Da fisarmonicista molto dilettante subisco un complesso d’inferiorità di fronte a questo strumento, con il quale non ho mai avuto il coraggio di cimentarmi. A Ététrad, dunque, guardo e ascolto i più grandi organettisti (a volte, come quest’anno, c’è anche l’occhio attento del costruttore Massimo Castagnari).
C’è chi sostiene che la musica per balfolk sia noiosa e ripetitiva, in quanto c’è da ripetere all’infinito sempre lo stesso schema di passi, allora lo invito ad ascoltare gli Zlabya, presenti a Ététrad nella serata del 16 agosto. Sto riascoltando il loro album Les animaux et les choses (non lascio mai il festival senza aver comprato qualche cd, a proposito un saluto a Rossana e Antonio di Rox Records). Musica da ascolto, si direbbe, se uno non leggesse accanto ai titoli il corrispondente tipo di ballo, scottish, circle circassien, hanter-dro… E’ innovazione e creatività all’ennesima potenza, al servizio della musica tradizionale, con innervature bretoni ovviamente, afro e soprattutto evidenti sfumature jazz. Sono Raphaël Decoster (organetto e compositore), Pierre Droual (violino), Theo Kaiser (tromba e chitarra), Jean-Baptiste Guerrier (contrabbasso) e Florian Huygebaert (batteria). Zlabya è stata per me una vera scoperta.
Mi accade come per i libri. Se scopro un autore che mi piace, poi vado a cercare quel che ha scritto in precedenza. Così è per la musica. Andrò a riprendere il primo album dei Samurai, che avevo frettolosamente accantonato, per metterlo a confronto con quanto hanno suonato l’altra sera, dal nuovo cd Te. Questi quattro ragazzi mi hanno veramente impressionato (il quinto samurai, Kepa Junkera, era assente). Non me ne voglia Riccardo Tesi se lo chiamo ‘ragazzo’, ma ha una vitalità che a molti ventenni manca. Sono “5 organettisti 5”, oltre al basco Junkera e a Riccardo Tesi, l’altro italiano, questo sì, ragazzo, Simone Bottasso (di fronte alla compostezza dei colleghi sembra un tarantolato, esuberanza giovanile!), poi l’irlandese David Munnelly e il finlandese Markku Lepistö. Una vera multinazionale dell’organetto. O l’inizio di una barzelletta (ci sono un basco, un irlandese, un finlandese…) come ha scherzato Tesi quella sera. Che se uno ci pensa, qui c’è la quintessenza della musica tradizionale. Paesi Baschi, Irlanda, Italia, Finlandia che pure vanta una una tradizione fisarmonicistica spesso sottovalutata. Cinque strumenti e sonorità diverse tra loro, musiche scritte da tutti i componenti. Cito per tutti Gernika (Junkera), Il sogno di Fellini (Bottasso) con la coraggiosa citazione finale di Amarcord e Tarantella rouge & noir (Tesi), un classico del musicista pistoiese, chissà se avrà pensato alla Valle d’Aosta scrivendola. L’album si apre con il respiro dell’organetto, come dicono gli spagnoli con un’espressione che mi piace molto instrumento de viento. Se a qualcuno intriga, lo può trovare sulla piattaforma di Visage Music, prezzi modici e grande efficienza nella spedizione.
Del mio Ététrad 2018 voglio citare ancora Le tre sorelle. Quantunque basato al nord, questo trio di amiche ha trovato nella musica del sud terreno fertile su cui lavorare, e lo fa molto bene. In effetti Ététrad, senza voler entrare in competizione con le varie notti delle tarante, dedica sempre un pomeriggio alle musiche del sud. Le tre sorelle sono Alessia Cravero, Giulia Provenzano e Valeria Quarta. Hanno regalato un’ora e mezza di allegria trascinante con musiche da Calabria, Puglia, Sicilia.
Devo confessare che senza nulla togliere agli altri grandi gruppi che ho ascoltato (Ciac Boum, Toc Toc Toc, Stygiens) e che già conoscevo, e quelli invece che mi sono perso ma mi hanno detto che non erano da perdere (Celestroi, Sandro Joyeux, Hot Griselda, Plantec, Flor de Zinc), il mio obiettivo era assistere al concerto degli anglosassoni Blowzabella, da 40 anni punto di riferimento di tutti i gruppi folk dell’Europa nord-occidentale.
La loro influenza sul balfolk contemporaneo è evidente, basta ascoltarli. E’ stato un ritorno in Valle d’Aosta, dopo il loro primo concerto che si era tenuto a Ététrad nel 2006, per presentare l’ultimo album Two Score, altro mio personalissimo acquisto (appartengo a una generazione per la quale i cd e i vinili significano ancora molto). I Blowzabella sono Dave Shepherd (violino), un altro mostro sacro dell’organetto diatonico come Andy Cutting, Jo Freya (voce, clarinetto, sassofono), Paul James (cornamuse, sassofoni), Gregory Jolivet (ghironda), Barn Stradling (basso elettrico), Jon Swayne (cornamuse, sassofoni). Negli anni il gruppo si è modificato varie volte, ma come testimoniano pancette e capelli bianchi alcuni musicisti appartengono al nucleo originale. Cutting si è unito nel 1992. E’ stata una serata da ricordare, applausi, danzatori in estasi, richieste di bis.
Avrei molto altro da aggiungere sull’edizione 2018, ma voglio sottolineare che hanno funzionato molto bene i cosiddetti social per la divulgazione dell’evento. A parer mio manca ancora qualcosina, ma la suggerirò direttamente nell’orecchio a Paolo Dall’Ara e Vincent Boniface. Ad esempio ‘convocare’ CR7 per ballare una scottish… Sai che successo di pubblico!!!

Le ultime edizioni di Ététrad:
Torna Ététrad e festeggia il ventennale    2017
State pronti, arriva Etétrad!     2016
Torna Etétrad, musica e balli dal mondo      2015
Ad Avise la magia della musica e dei balli di Etétrad     2013

Per approfondire:
Ho ascoltato “Argento”, nuovo lavoro di Riccardo Tesi e Banditaliana
Ho letto “Una vita a bottoni” di Riccardo Tesi e Neri Pollastri
A Ététrad si rinnova l’appuntamento con le produzioni di Rox Records
Con Folkestra & Folkoro, la world music è servita!
Buon compleanno “Banditaliana”

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