Ho letto “La ragazza con la Leica” di Helena Janeczek

La fotografia è fatta di nulla, inflazionata, merce che scade in un giorno.
Confermo che non vado d’accordo con i premi letterari. Devo starne lontano e avvicinarmi alla lettura dei libri vincitori soltanto dopo che il tempo, a volte tanto tempo, ne ha determinato la bontà. Così sostengo e ripeto da sempre. Sulla vincitrice del Premio Strega 2018 sono inciampato perché mi intrigano le storie sulla guerra di Spagna. Avevo ancora negli occhi il film di Philip Kaufman Hemingway & Gellhorn (2012) e nella mente il libro Un momento di guerra di Laurie Lee. Helena Janeczek ha scritto un romanzo biografico sulla vita di Gerda Taro, per un breve tratto compagna di Robert Capa e fotografa a sua volta. Per farlo si è documentata in profondità su quanto, in lingua tedesca, era già stato scritto su entrambi. Poi ha romanzato la storia, come dimostrano i dialoghi molto accurati. Le cose migliori tuttavia sono le ricostruzioni, fuori dal romanzo, di alcuni scatti che ritraggono i due fotografi a Barcellona e a Parigi. I fotografi fotografati, insomma.
Un uomo moro e una biondina con il caschetto fotografano una biondina con il caschetto e un uomo moro che sorridono felici. …Una piccola coincidenza ha voluto che i fotografi, appena sbarcati a Barcellona, si fossero imbattuti in una coppia a cui somigliavano
.
La Janeczek ricostruisce la breve vita di Gerda Taro, Pohorylle il vero cognome (Stoccarda, 1910 – Brunete, 1937) attraverso le testimonianze di tre personaggi. Willy Chardack, ebreo tedesco come Gerda, emigrato negli Stati Uniti per sfuggire a Hitler, un po’ spasimante e un po’ cavaliere servente preso e subito mollato da Gerda ai tempi di Berlino, poi divenuto uno scienziato importante. Georg Kuritzkes, che con Gerda ha avuto una frequentazione un po’ più lunga, poi medico alla FAO di Roma. I due uomini si sentono al telefono un giorno degli anni Sessanta, parlano di Gerda e proseguono un dialogo a distanza. La terza testimone, inserita tra i due capitoli ‘Chardack’ e ‘Kuritzkes’, è Ruth Cerf che di Gerda è stata amica del cuore in Germania e poi a Parigi. Sono testimonianze a se stanti, talora non coincidenti, attraverso le quali prendono forma la figura della fotografa e il suo rapporto con Robert Capa, di cui, a quanto pare è stata il pigmalione. Liberi sì, e affratellati negli ideali e nei sentimenti, ma non uguali… Erano diversi, erano complementari...
La narrazione procede con balzi in avanti e indietro e risulta di difficile decifrazione se non si possiedono nozioni parallele, peraltro facili da reperire, sulle vite di Capa e Taro, sui loro amici, sulle atmosfere di Parigi negli anni Trenta, rifugio di fuoriusciti dalla Germania e dall’Italia, intellettuali, giornalisti e fotografi non soltanto ebrei, infine quartier generale delle brigate internazionali con un filo diretto per la Spagna. Tuttavia era una vita da bohémien la loro, avventurosa e divertente anche se sempre in bolletta.
L’ormai un pizzico famoso Robert Capa appariva sul boulevard della Rive Gauche, tutta esuberanza, tutto agio sessuale, cingendo in vita la ragazza che aveva rimorchiato per la serata. Quanto sarebbe durata Gerda con uno così, un uomo che andava a ritirare il loro cachet e lo spendeva in sbornie e sciacquette?
Pare proprio che sia stata Gerda a scoprire e a valorizzare il fotografo ungherese Endre (Andrè) Friedmann e a fornirgli lo pseudonimo Robert Capa, che faceva un po’ americano e un po’ italiano. Anzi, per qualche tempo le foto pubblicate sui giornali con quel marchio erano di entrambi.
…la signorina Pohorylle, cittadina polacca nata a Stoccarda, possedeva le virtù marziali che Hitler pretendeva dalla gioventù tedesca: agile come un levriero, tenace come il pellame, e qualche volta dura come l’acciaio.
Tre punti di vista su Gerda e Bob ma che finiscono con l’essere le autobiografie di Willy, Ruth, Georg. Da queste emergono eventi storici che Janeczek ha fatto bene a rispolverare, come i fatti del lago di Braies che vide prigionieri dei nazisti giustiziati e gettati nel lago. In quell’albergo sulla riva passò anche il presidente francese Léon Blum. Una pagina di storia che non conoscevo e sono certo che la prossima volta che tornerò a Braies guarderò il lago con un altro occhio. E non poteva mancare un accenno alla celebre foto del miliziano spagnolo caduto in battaglia a Cordova nel 1936. La controversia sulla paternità e sull’autenticità è ancora aperta. Era di Capa o di Gerda? O di nessuno dei due?
Ho trovato di difficile lettura La ragazza con la Leica, a tratti anche noioso. Certo fornisce molti stimoli di approfondimento, se uno volesse, ma come ho già detto, senza una visione precisa a priori risulta soltanto un mosaico che non ha tutte le tessere al posto giusto e in grado di fornire un quadro unitario della vita di Gerda Taro.
“Oggi nessuno sa più chi era Gerda Taro. Si è persa traccia persino del suo lavoro fotografico, perché Gerda era una compagna, una donna coraggiosa e libera, molto bella e molto libera, diciamo libera sotto ogni aspetto”. Così conclude Georg Kuritzkes il suo ricordo.

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