Ho letto “Isabel” di John Banville

E’ stato sublime leggere Isabel subito dopo aver letto Ritratto di signora. Senza soluzione di continuità si passa da un romanzo ottocentesco a uno scritto 135 anni dopo ed è stupefacente ritrovare lo stesso stile, le medesime atmosfere, ovviamente gli stessi personaggi. E’ come se Banville fosse entrato nella testa di Henry James per carpirne le intenzioni per un seguito mai scritto. Isabel inizia laddove Portrait of a Lady era terminato, con Isabel Archer che si trattiene per qualche settimana in Inghilterra dopo aver seppellito l’amato cugino Ralph Touchett. Non ha alcuna fretta di tornare a Roma per affrontare il marito Gilbert e porre fine a un matrimonio infelice. Prima di lasciare Londra preleva in banca una enorme somma di denaro, tanto da destare perplessità tra i compassati funzionari dell’istituto di credito che venne fondato dal padre di Ralph. Il fatto verrà subito conosciuto da Gilbert Osmond che quando si parla di soldi si mette in allarme. Non ha forse sposato Isabel per interesse? Nel lettore si insinua il sospetto che tale somma debba servire a Isabel per una sua machiavellica vendetta nei confronti del marito e della velenosa Madame Merle. C’è un bel passaggio in cui l’amica giornalista Henrietta Stackpole apre definitivamente gli occhi a Isabel: E tra tutti e due ti hanno presa in trappola. Che possibilità avevi di sottrarti, nella tua innocenza? Una volta in possesso dei soldi del vecchio signor Touchett, sei diventata un oggetto del desiderio di entrambi. Non potevi capire cosa c’era in atto. I cacciatori di dote ce li immaginiamo giovani e brillanti, con la dentatura lucida e baffi morbidi e un sorriso accattivante, non vedovi brizzolati con il doppio dei tuoi anni e una figlia bell’e pronta di quindici anni.
Ciò che architetta Isabel è ammirevole e da come si può capire le costerà molto, alla fine rimarrà libera da vincoli ma quasi spiantata. Per dispetto al marito la casa di Roma andrà a Madame Merle, costringendoli ad una difficile convivenza. Una grossa somma andrà al movimento delle suffragiste il cui tema non si era affacciato nel romanzo di Henry James. Che Isabel Archer sia di idee libertarie lo si vede dal rapporto che instaura con la sua cameriera personale, Staines, quasi da pari a pari, inconcepibile anche per l’Inghilterra di quell’epoca.
E la libertà era ed è sempre stata, per Isabel, una cosa importante, forse la più importante in assoluto, perché come poteva la vita essere tollerabile trovandosi completamente bloccati e impastoiati?
Banville, come in ogni sequel che si rispetti, ci ricorda alcuni eventi contenuti nel romanzo di James, anzi in un certo senso li spiega e li amplifica. Soprattutto quando si tratta del carattere dei personaggi. Li ritroviamo quasi tutti, ovviamente non i due Touchett maschi, ma Lydia sì, come pure la contessa Gemini, Rosier lo sfortunato innamorato di Pansy, la figlia di primo letto di Osmond, che a sua volta appare defilata ma ha un atteggiamento completamente diverso nei confronti della matrigna. Si affacciano due nuovi personaggi: la signorina Janeway che sarà la beneficiaria delle nuove idee ‘socialiste’ di Isabel e l’amica principessa Lorelei d’Attrait il cui Château Vivier diventa il crocevia di incontri funzionali alla storia.
Quasi immediatamente fu ghermita dalla sua amica principessa, le cui forme generose erano racchiuse in un abito stile impero di seta verde pallido, con una gonna eccessivamente voluminosa e il corpetto troppo stretto – Lorelei era famosa per la sua scarsa attenzione nel vestire, una fama di cui era perfettamente consapevole...
Londra, Parigi, Roma, Firenze, con le mirabili descrizioni della vita della buona società ma anche delle osterie, scorrono per tutto il romanzo. Per la verità non solo lusinghiere: l’Arno era del colore, e almeno dall’aspetto, anche della consistenza della senape stantia così come la valle sottostante il Castello Bellosguardo era caratterizzata da quelle misteriose malattie… che ogni stagione abbattevano tanti turisti consumatori di bistecche. Ma un passaggio è dedicato anche all’oscura cittadina di Alba che era ed è rinomata per i suoi tartufi, il suo vino e le sue pesche. Ad Alba avviene il contagio della prima signora Osmond a causa della febbre di inaudita violenza diffusa in tutta la provincia di Cuneo.
Gli amministratori di Alba avevano fatto il possibile per tenere nascosto il dilagare della malattia per le strade della loro città – se i turisti avessero smesso di arrivare, che ne sarebbe stato del raccolto delle pesche succose e dei tartufi profumati, e di quell’annata dei sontuosi vini per cui la regione è celebre tra gli intenditori del mondo?
Una sorta di product placement letterario per il Piemonte? John Banville d’altra parte è un buon frequentatore della nostra regione.
Isabel (in originale Mrs. Osmond) può benissimo essere una lettura a se stante e funziona perfettamente. Tanto più che Banville lascia il finale aperto, così come alquanto vaga rispetto al futuro della signora Osmond era stata la chiusura di Portrait of a Lady. Se però qualcuno vuole cimentarsi, come ho fatto io, nella lettura consecutiva dei due libri vivrà un’esperienza letteraria notevole. Lo consiglia lo stesso settantaduenne scrittore di Wexford.
Come sempre, grande traduzione di Irene Abigail Piccinini.

Gli altri romanzi di Banville (mio scrittore preferito):
La chitarra blu
La musica segreta
La bionda dagli occhi neri (come Benjamin Black)
Una educazione amorosa
Il buon informatore
Teoria degli infiniti
La lettera di Newton
La notte di Keplero
L’intoccabile
Isola con fantasmi
Eclisse
L’invenzione del passato
Il mare

La serie dell’anatomopatologo Quirke:
False piste
Un giorno d’estate

Congetture su April
Un favore personale
Dove è sempre notte

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