Ho letto “Un paese di temporali e di primule” di Pier Paolo Pasolini

Non c’è mai stato un povero felice. Ma nessuna invidia è più acuta di quella nutrita per un povero che sembri felice.
L’ho terminato oggi, il giorno dopo l’anniversario della sua morte. Alla faccia di quelli che dicono che di Pasolini non importa più nulla. Io stesso l’ho trascurato, ma c’è sempre tempo e modo per rimediare. Conosco quasi tutti i suoi film, ma non avevo letto niente di suo. La settimana scorsa sono stato in Friuli e ho scelto di portarmi questo libro perché mi piace leggere qualcosa sui luoghi dove mi trovo. E questa raccolta di scritti è il più friulano dei suoi libri. Così ho dedicato una giornata ai luoghi della sua giovinezza, tra Casarsa della Delizia (con un doveroso omaggio alla sua tomba) San Vito al Tagliamento, San Giovanni con la chiesetta di San Floreano e anche Vivaro, Codroipo, Valvasone (a quattordici anni scopersi quello che in effetti è il tesoro di Valvasone: il grigio, il nero, il silenzio, la vetustà, le vocali del dialetto) tutti citati più volte nel libro. Questa lettura mi ha aperto la mente sui mille significati della regione, a cominciare dai suoi risvolti geografici che Pasolini tratta come neppure la migliore delle guide turistiche. Scritti come Il Friuli, Valvasone, Di questo lontano Friuli, Suggestioni nel Casarsese sono emblematici. Un esempio: Il Tagliamento scorre per questa pianura in un solco singolare di ghiaia. Largo talvolta fino a quasi due chilometri, è di una bianchezza abbacinante, e i rari rami d’acqua verdognola che lo venano, hanno una segretezza, una frescura di antri alpestri.
Un paese di temporali e di primule (già solo il titolo è autentica poesia) raccoglie scritti che vanno dal 1945 al 1951 e rappresenta quanto di meglio ci sia per capire il Friuli. Si divide in quattro parti. La prima comprende brevi racconti e piccoli scritti sulla sua giovinezza a Casarsa, il paese della madre, la maestra Susanna Colussi, accanto alla quale è sepolto, a significare il legame molto profondo che ha avuto. E’ il periodo della dittatura fascista e della guerra.
Da bambino feci molti viaggi: ogni estate, intanto, andavo e tornavo da Casarsa, paese di mia madre. Inoltre, mio padre, ufficiale, veniva trasferito quasi tutti gli anni. Prendono corpo le feste di paese, quelle religiose in particolare, i lavori in campagna, le domeniche mattine, i coetanei,  la mamma, il fratello Guido (con il padre non aveva un buon rapporto) in un bellissimo scritto intitolato Topografia sentimentale del Friuli. E Pasolini non sorvola sulle prime infatuazioni per gli amichetti… giovanotti coi corpi selvaggi mal domati dagli abiti dal taglio elegante: ragazzini irrefrenabili che già mostravano di averne colto il tipo…
Negli ultimi scritti fa anche capolino il doloroso episodio dell’eccidio di Porzùs in cui perse la vita Guido.
La seconda parte raccoglie brevi saggi sulla lingua friulana e testimonia l’importanza che questa ha avuto su tutta la sua attività artistica.
Il friulano ha bisogno di traduzioni essendo questo il passo più probatorio per una sua promozione a lingua… (Il Friuli) Infatti non ha una lingua, ha una varietà di lingue, di dialetti, di cadenze che cangiano quasi di brolo in brolo, ricomponendosi in una interminabile sfumatura.
Una terza parte, più ostica a mio parere, ma che si ricollega alla seconda, contiene scritti e lettere sui temi dell’autonomia regionale. L’ultima, infine, raccoglie i ricordi del periodo in cui Pier Paolo Pasolini è stato insegnante a Valvasone (allora tanta miseria, ma oggi è uno dei Borghi più belli d’Italia).
Il libro è impreziosito da una lunga e accurata introduzione di Nico Naldini, oggi alle soglie dei novant’anni, a sua volta poeta, scrittore, saggista, ma soprattutto cugino primo di Pasolini (le loro madri erano sorelle). Questa parte vale tutto il libro e ci fa capire ciò che è stato il Pasolini giovane, il Pasolini friulano, serve a inquadrarlo esattamente nel tempo in cui ha vissuto a Casarsa, visto da un testimone coevo, che lo coglie anche nell’intimità della famiglia. Scrive Naldini: “La religione rustica dei contadini, le campane, i vespri, i ragazzi raccolti in preghiera, la figura di Cristo sulla croce gli regalano momenti soavissimi ma molto prossimi alle poetiche eresie di un eros esasperato”. E qui c’è tutto Pasolini con le sue mille contraddizioni.
Libro di rara bellezza, se solo si ha voglia di capire, e in alcuni passaggi non può che essere autenticamente poetico.
Chi parte in treno o in auto da Venezia e si spinge su per il retroterra veneto, giunge in Friuli senza che se ne accorga. Solo se ha una grande pratica di quei luoghi potrà distinguere il colore diverso dell’aria e dei campi, il tono diverso della civiltà rurale e dei piccoli centri urbani, le cui piazzette del resto appartengono a un ambiente culturale veneto.

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