Dietro le quinte di “Emilia d’Hercole” del Collettivo Decanter

Se non è il mare, è la sua idea
di fuoco, impenetrabile, pura;
e io,
ardente, affogo in lei.
Mi procura un po’ di imbarazzo occuparmi di questo album, dato che l’ho visto germogliare e poi crescere fino alla pubblicazione, mettendo anche il naso dentro il crowdfunding che lo ha sostenuto. Voglio però scriverne senza avere la pretesa di sostituirmi a chi, con più titolo di me, ne può fare una recensione dal punto di vista musicale. I miei sono pensieri e osservazioni di quanto visto con i miei occhi e ascoltato con le mie orecchie. Voglio partire dall’arrivo e andare a ritroso nella storia di Emilia d’Hercole. Visage Music
Il punto di arrivo è la pubblicazione con l’etichetta Visage Music, un nome prestigioso nel campo della worldmusic, ambito in cui si inserisce il lavoro del Collettivo Decanter e che racchiude in una parola unica il meticciato culturale su cui si fonda la sua storia: il folk tradizionale delle Alpi, la chitarra flamenca, il canto popolare, la canzone italiana d’autore. Visage, per intenderci, è la casa discografica di Riccardo Tesi e Banditaliana, di Gigi Biolcati, Maurizio Geri e Luisa Cottifogli: a sfogliare il catalogo vien voglia di comprarli tutti (qualcosa mi sono già portato a casa). Mi permetto un’ulteriore digressione, spezzando una lancia a favore di chi produce musica. Comprare un cd (e non scaricare) è un atto d’amore verso la buona musica, è rispetto per chi la scrive e la suona e verso tutta la filiera che produce l’oggetto fisico. Personalmente non rinuncerò mai al piacere di spacchettare un cd, mentre lo ascolto scorrere il libretto che lo accompagna e cercare di capire che cosa c’è dietro ogni singolo brano.
Il cd appunto
Emilia d’Hercole è un oggetto esteticamente ragguardevole. A partire dalla riproduzione di copertina, Name of the Rose del pittore ungherese Győrfi András, artista di caratura internazionale che aveva già concesso le sue opere per il primo album del Collettivo, Aria con da capo. Più giocosa allora la sua pittura (era il 2012), più onirica oggi, ma sempre forte è il fascino e la suggestione che se ne ricava. Perfettamente in linea con il tema di Emilia d’Hercole – il mare, i corsari, la navigazione – è la seconda riproduzione, Sail away, contenuta all’interno del libretto.
Al packaging ha contribuito Francesco Busso, un affermato graphyc designer torinese che, incidentalmente, è un cultore della ghironda a cui piace sperimentare (con notevole successo) nuove sonorità. Con Marta Caldara forma il duo di balfolk Walden.
Le foto del cd sono di Carlo Mogavero, appassionato fotografo jazz che sa cogliere la musica in tutti i suoi aspetti. Gli scatti sono nati un pomeriggio d’estate un po’ in giro per Torino ma in particolare nello studio di registrazione dei Syndone di Nik Comoglio. La foto a colori invece è nata da un’intuizione di Vincent Boniface passando davanti a una focacceria ligure. Detto fatto, il quartetto è entrato e Mogavero ha scattato.
L’ingegnere del suono
Questa è una funzione fondamentale nella costruzione di un disco, per il Collettivo Decanter è stata svolta da Fabrizio Argiolas, un pezzo da novanta nel suo ambiente. Dotato di una calma e di una pazienza infinite, ha risolto un sacco di problemi. L’ho osservato a fondo sia durante le registrazioni (è soprattutto il settimo irrinunciabile membro dei Syndone), sia duranti i live. Fa un mestiere incredibile, lo invidio molto ed è un piacere vederlo lavorare. Non da questa occasione scopro come si assembla un album, a volte i partecipanti neanche si incontrano (accade che le star presenti in una traccia se ne stiano a suonare a casa loro dall’altra parte dell’oceano), ognuno registra la sua parte, e l’Argiolas di turno compone il tutto. Il gioco è fatto. Davvero stupefacente!
Per concludere, l’album è stato registrato anche a Punto Rec (sedute con orchestra), Not Brushing Dolls (Castel San Pietro Terme), Lunezia scs (Parma).
Le voci
Mi riferisco alle voci ospiti presenti: Luisa Cottifogli (Quintorigo, Banditaliana e tanto altro), di cui suggerisco di ascoltare lo straordinario album Come gli alberi d’inverno, impreziosisce Vola più in alto aggiungendo la sua duttile voce a quella di Alessia Galeotti. Una strofa a testa e poi in duetto sul ritornello, con i ricami al sax soprano di Vincent Boniface, che per concludere ci mette sopra anche la cornamusa. Risultato eccellente.
Meu navio, cantata in portoghese, diventa a tre voci – che più diverse tra loro non si potrebbe – grazie a Silvia Donati e Gabriella Beccari. In questo brano c’è tutta l’essenza della saudade brasiliana ed è giustamente dedicato ai tanti toscani che cent’anni fa presero un navio per emigrare in Sudamerica.
Anche Riccardo Ruggeri (voce dei Syndone) compare nell’album, con un divertissement nella traccia di apertura, Malopescio. Gli tocca la parte del diavolo e ci riesce benissimo…
Resta l’altro intervento vocale, quello del Folkoro che però si innesta con quello strumentale di Folkestra. Insieme costituiscono Folkestra&Folkoro, uno degli ensemble più interessanti del panorama musicale, non soltanto piemontese, degli ultimi anni ed in forte crescita. E’ formato da una quarantina di musicisti che hanno già lavorato, tra gli altri, con il percussionista Gigi Biolcati in supporto live al suo Da spunda, e si apprestano a vivere un 2019 di prestigiosa collaborazione con i francesi Antiquarks. L’apporto di Folkestra&Folkoro alla produzione del Collettivo Decanter è determinante in due brani. Il primo è proprio Emilia d’Hercole, soprattutto quando al rullo dei tamburi si alza la famosa supplica della donna di Rio al “Principe, signore di Piombino, sua serva indegna rapita dal pirata Sinan Pascià, detto il giudeo.”  L’altro è sulla traccia finale, Polenta e Biòrro, che riporta in Piemonte l’atmosfera del disco e in cui emerge tutta l’anima popolare del gruppo, su cui si innesta una monferrina valdostana di fine ‘800.
Il mare
Perché inserire un breve brano recitato? E’ una poesia dello spagnolo Pedro Salinas y Serrano (1891-1951) recitata dall’attore Giorgio Perona.
Perché il mare è il filo conduttore dell’album e tutto è nato all’Isola d’Elba. Marta, Alessia, Marco e Vincent nel settembre 2017 erano stati selezionati per una residenza artistica di una settimana nell’ambito del progetto “L’Elba del vicino” a Rio Marina. Evidentemente ciascuno portava dentro di sé nuove idee, embrioni di brani da sviluppare. Messi a contatto con il mare, con la storia delle miniere, con le leggende dell’isola, e  grazie alle visite guidate di Giacomo Luperini e Naturalmente Elba, ciò che avevano in mente si è incendiato. E’ stato il fuoco della creatività che ha portato a brani come Emilia d’Hercole, nota come la storia di Barbarossa e il bambino, che affonda le radici nel 1500; Malopescio, leggenda di un pescatore locale vittima di streghe e diavoli, ambientata a Capoliveri, un tempo ritenuto il paese delle streghe;  Mago Chiò, al secolo Francesco Grassi, un barbone analfabeta vissuto a Portoferraio nel XIX secolo. Tre storie della tradizione orale elbana, ma di cui c’è traccia anche negli archivi storici, hanno ripreso voce (e musica) grazie al Collettivo Decanter. Ancora il mare è protagonista di Chiudo le finestre, unico brano non composto dai componenti del Collettivo Decanter. E’ del cantautore toscano David Ragghianti (Le tempeste nel mare promettono confusione / galleggiando la nave lentamente scompare…).
Da Rio Marina in poi si trattava di far mettere le ali a questi e agli altri brani, come incita  Vola più in alto, il brano che racchiude forse lo spirito del Collettivo ed è un auspicio al cd affinché abbia il successo che merita.
Vola più in alto tra le nuvole e gli aquiloni / vola più su di me…

Marta Caldara (pianoforte, kalimba, marimba, vibrafono, rhodes)
Alessia Galeotti (voce)
Marco Perona (chitarra)
Vincent Boniface (organetto, clarinetto, sax-soprano, low-whistle, bansuri, cornamusa)

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