Ho letto “Camille” di Pierre Lemaitre

L’idea, a Camille, era venuta in quel momento. Un lampo di genio.
Sono all’ultimo appuntamento con il comandante Camille Verhoeven, Squadra Omicidi della Polizia di Parigi. Devo dire che è ben sfortunato con le donne, già trovarne una (per via della sua statura) gli è difficile, nel primo romanzo della trilogia (Irène) gli viene massacrata la moglie incinta da un feroce serial killer. Dopo qualche anno in perfetta solitudine in cui ha metabolizzato il drammatico episodio, oltre ad aver disposto dell’eredità della madre pittrice e aver perso il padre (Alex),  si ritrova la nuova compagna, Anne Forestirer, al centro di una rapina ad una gioielleria nel famoso passage Monier (Passage du Grand Cerf), nel II arrondissement.
Un evento è considerato decisivo quando sconvolge completamente la nostra vita… Per esempio, tre scariche di fucile a pompa contro la donna che ami.
E’ l’incipit del romanzo. Anne viene brutalmente massacrata ma riesce a sfuggire e, in quanto testimone della sanguinosa rapina e probabilmente in grado di riconoscere i banditi guardati un attimo prima che si calassero in faccia una copertura, dovrà essere per forza di cose eliminata. Camille avoca a sé le indagini non senza qualche imbarazzo da parte dei superiori: perché di una rapina si dovrebbe occupare un poliziotto della Omicidi? Ma tant’è, Verhoeven garantisce il buon esito delle indagini. Il suo vero scopo è proteggere Anne dal killer che non tarda a palesarsi fin dalla stanza d’ospedale in cui è ricoverata.
Lo stile del capobanda, le modalità della rapina fanno convergere i sospetti su un delinquente di rara ferocia, un anziano rapinatore per vent’anni rimasto silente e ora probabilmente ansioso di sistemarsi la vecchiaia grazie agli ultimi colpi.
Stesso metodo di oggi. Tre uomini. Il primo fa aprire la cassaforte e arraffa i gioielli, il secondo lo copre con un Mossberg a canna mozza, il terzo è al volante.
Il commissario nasconde Anne in luoghi che ritiene sicuri ma soprattutto non rivela al suo capo e al giudice di turno i suoi veri rapporti con la testimone. Ha impiegato dieci anni ad assorbire il complesso di colpa derivante dalla scomparsa della moglie Irène e ora non vuole perdere il suo nuovo amore. A costo di travalicare regole d’indagine e principi di correttezza.
Irène era stata presa di mira personalmente da un assassino, Anne ha solo incrociato la persona sbagliata nel posto sbagliato, per Camille si tratta delle stesse emozioni…
Tuttavia la donna con cui convive da qualche tempo nasconde qualcosa, altrimenti non si capirebbe l’accanimento del rapinatore. Non è neppure conosciuta all’anagrafe e abita con un poliziotto. Verhoeven inizia a preoccuparsi.
Pierre Lemaitre, come usa fare nella trilogia, alterna il punto di vista delle indagini, descritte in terza persona, con quello soggettivo del bandito: Mi servono quattrini e non voglio perdere quelli che mi sono dovuto sudare. Quel denaro è per me come uno scatto di pensione, ma molto più sicuro.
Con questo romanzo Lemaitre chiude la trilogia di Camille Verhoeven. In realtà l’editore chiese allo scrittore parigino un altro libro nel 2013. Pubblicò quindi il romanzo breve Rosy&John, che si colloca, nella cronologia delle indagini del commissario, tra Alex e Camille.

Irène (Travail soigné), Editions du Masque, 2006; Mondadori, 2015
Alex (Alex), Albin Michel, 2011; Mondadori, 2012

altro:
Ci rivediamo lassù (Au revoir là-haut), Albin Michel, 2013; Mondadori, 2014

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