Ho letto “Gigi Radice” di Francesco Bramardo e Gino Strippoli

Riecco all’opera la coppia granata Francesco Bramardo e Gino Strippoli con una nuova avventura editoriale. Mai scelta fu più dolorosamente azzeccata. Il libro è uscito intorno al 10 novembre, Gigi Radice è mancato il 7 dicembre. Cinicamente si potrebbe dire che le vendite sono cresciute dopo la perdita di Radix, ormai malato da oltre 10 anni. E’ comunque un libro che ci voleva per rendere omaggio a un grande condottiero del Toro e, come giocatore prima e allenatore in seguito, non soltanto del Toro. Il libro evidenzia bene i vari passaggi della vita di Gigi Radice. Ho apprezzato in particolare quanto viene raccontato del periodo antecedente il 1975, quando venne chiamato alla guida dei granata. Soprattutto la sua storia come calciatore di Milan, Padova, Triestina e poi ancora la trafila da allenatore, Monza, Treviso, Cesena, Fiorentina, Cagliari, per meritarsi ciò che sarebbe avvenuto dopo. Figurine un po’ sbiadite di un calcio che fu.
Al Toro è storia risaputa per noi che abbiamo il colore granata nel cuore e sulla pelle. Due cicli di cinque campionati inframezzati da Bologna, Milan, Bari, Inter, senza infamia e senza lode, solo con l’acuto del quarto posto con i nerazzurri (1984). Alla guida del Toro lo scudetto al primo anno, quello mancato di un punto nel 1977, il terzo posto l’anno successivo. Due cicli conclusi entrambi con un doloroso esonero, com’è nella masochistica tradizione della società. All’inizio del secondo ciclo (presidente quel galantuomo di Sergio Rossi) è subito secondo posto e rifioriscono le speranze. Poi è andata come è andata.
Ma perché scrivo queste cose? Noi granata le conosciamo bene e poi il libro di Bramardo & Strippoli ci rinfresca la memoria. Piuttosto vale la pena di focalizzarci sulle testimonianze che vi sono contenute, quelle dei suoi giocatori, di colleghi e dirigenti, ma soprattutto per scoprire il Gigi Radice privato. Cosa c’era dietro quegli occhi di ghiaccio, dietro la maschera del sergente di ferro, com’era Gigi fuori dal campo, in famiglia e con i pochi amici che frequentava fuori dal calcio? Sono le pagine più struggenti, nel ricordo della moglie Nerina e dei figli.
Naturalmente Bramardo e Strippoli si soffermano anche sui momenti difficili, come l’incidente d’auto con la morte dell’amico Paolo Barison, i tanti esoneri (mi pare di averne contati otto) come è normale per un allenatore che non scendeva a compromessi con presidenti e giocatori, infine la malattia.
Un bel libro, scritto con intelligenza e con il cuore, da tenere con affetto nel reparto scaffale-granata di una libreria che si arricchisce ogni anno di nuove letture. Non a caso il Toro è la squadra su cui si è scritto di più.
Scommetto che Francesco Bramardo e Gino Strippoli saranno già al lavoro su un altro titolo, che non riveleranno nemmeno sotto tortura. Lo posso solo immaginare o suggerire sommessamente. Se un appunto posso muovere ai due amici, c’è quello che si nota troppo la scrittura a due mani. Alcuni momenti della vita di Gigi Radice vengono ripetuti più volte. Forse un severo editing servirà per la prossima pubblicazione.

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