Mercurio, un minerale per riscoprire Richi Ferrero attore

Devo qualche parola al mio coetaneo Richi Ferrero dopo aver visto la sua sorprendente performance del caporale Abrahams che governa un’isola dell’Atlantico chiamata “Desolazione” come se fosse una nave. Richi/Abrahams ammazza il tempo seduto a un desco scarno, con un pugnale tagliuzzando un pomodoro e del formaggio, mangia, tossisce, sputa, sorbisce rumorosamente minestra da una scodella e racconta. Ha la voce arrochita dall’età e dal vento dell’oceano. A poco a poco svela cosa ci fa lì. Ha una moglie, ma i veri compagni sono i maiali che alleva e i gabbiani, enormi e invadenti gabbiani. Poi arrivano due naufraghi che fuggono da chissà cosa, poi altri due, mentre una nave fa la spola a intervalli di mesi, forse anni, tra l’isola e la civiltà. Infine si profila l’elemento, il minerale, quel mercurio che spiega tutto e che dà il titolo al racconto di Primo Levi, tratto dal libro Il sistema periodico che Richi Ferrero ha trasposto per il palcoscenico e recitato. Il suo è teatro fisico e di parola, terra terra o mare mare, come unica concessione alla modernità una mini telecamera celata sul tavolo a cui è seduto, che riproietta su grande schermo particolari del suo volto, delle espressioni, degli sguardi. Alle sue spalle invece è la mappa dell’isola, con pochi toponimi ma che entrano tutti nella narrazione, con il contorno delle isolette (Isole delle uova, Isola delle foche) come satelliti intorno a un mondo compiuto. Per chi come me non conosceva il racconto (faccio ammenda: leggerò al più presto il libro di Primo Levi, anzi ne ho già iniziata la lettura) è stato intrigante seguire l’evoluzione della narrazione (della recitazione di Ferrero non si perde una sola parola) e in particolare il finale a sorpresa.
Richi Ferrero dice di essere tornato a recitare dopo ventitré anni e di essersi divertito, emozionato e stupito per la proposta di Valter Malosti, direttore del TPE, di interpretare Abrahams. In realtà non ha mai abbandonato il teatro fin dai tempi del Granserraglio e del Cabaret Voltaire. Regie a parte, che ha sempre fatto, che cosa sono le sue installazioni, le sue luci, anche il lavoro per importanti committenti se non grandi momenti teatrali? Ma davvero, Richi, sono passati trentatré anni da 2 tonnellate spinte in cielo … come se fosse il mare? La ricordo come se fosse ieri. Sarà per questo che scrivo il mio blog, per ricordare le cose recenti, mentre per quelle più lontane la memoria è più nitida. Ah, noi anziani! Infatti, ora che le repliche sono terminate questo post non serve a nulla, non è neppure un invito a vedere uno spettacolo, se e quando verrà riproposto. Serve solo a me per fissare le immagini di ciò che ho visto. 
E mi perdoni Nino D’Introna, Rodmund il protagonista di Piombo, l’altra metà  minerale dell’allestimento nel progetto “Me, mi conoscete”. Primo Levi a teatro, se ne scrivo solo in seconda battuta. Il suo racconto si discosta da quello di Ferrero per la presenza delle percussioni dell’universo sonoro di Alan Brunetta, distribuite in modo originale per tutta la narrazione. Identica è invece l’efficacia recitativa che tiene il pubblico avvinto dal viaggio di Rodmund dal Nord Europa verso paesi più caldi e più ricchi di metalli. Una terra chiamata Icnusa, non la birra, proprio la Sardegna, l’isola dei metalli, dove comandavano le donne e facevano la guerra. Rodmund scava, cerca la pietra, fonde e ricava il piombo, ha una concessione mineraria, compra schiavi e li fa lavorare, invecchia e compra anche una moglie per avere un erede che continui il mestiere. In un posto che si chiama Bacu Abis. Esiste davvero, è una frazione di Carbonia. Dovrebbe significare “Rio delle Api”.
D’Introna è sardo, lo fa rimarcare al pubblico al termine della performance e questo spiega la sua recitazione così netta, intensa, direi ieratica. Lo avevo perso di vista (mia disattenzione che non ho più seguito il teatro per anni) e scopro che ha fatto una brillante carriera, soprattutto all’estero. Per me era ancora quello di Pigiami, la fortunatissima pièce del fu Teatro dell’Angolo.
Grazie a Richi e Nino per questi racconti ‘minerali’ e in particolare a Primo Levi.

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