Ho letto “Il cuoco dell’Alcyon” di Andrea Camilleri

Non l’ho letto, l’ho semplicemente divorato dedicando a questa lettura un intero sabato. A volte capita così con le storie che hanno per protagonista Montalbano. Questa volta Camilleri ha esagerato con la fantasia mettendo il commissario al centro di un intrigo internazionale. In effetti lo stesso scrittore di Porto Empedocle afferma in una nota al termine del libro che il racconto era nato una decina di anni fa come soggetto per un film italo-americano la cui produzione non si è poi realizzata. Estratto dal cassetto, anzi dal computer, lo scritto, Camilleri lo ha trasformato facendolo diventare l’ennesima inchiesta di Montalbano.
Il cuoco dell’Alcyon si sviluppa su due linee che alla fine si concatenano. La prima riguarda una fabbrica di scafi che il proprietario, noto viveur e forse non solo, ha deciso di chiudere, licenziando e lasciando sul lastrico le maestranze. Qui di fantasia ce n’è poca, la vicenda è drammaticamente attuale e reale. Uno dei dipendenti che presidiano lo stabilimento, un padre di famiglia disperato, si suicida all’interno di un capannone. La seconda vicenda riguarda l’Alcyon, una elegante goletta che attracca nei porti di Vigata e Fiacca solo per rifornirsi di vettovaglie e di entraineuse. La barca esercita come bisca di alto livello in acque internazionali. Forse non soltanto, visto che attira l’attenzione addirittura dell’FBI. Montalbano invece è nel mirino del questore Bonetti Alderighi con il quale i rapporti non sono mai stati buoni. Questa volta gli viene intimato di smaltire d’ufficio l’enorme quantitativo di ferie arretrate. Ma come farà ad abbandonare le inchieste che sta seguendo?
Non si può entrare più di tanto nell’intreccio, altrimenti si perdono le infinite sorprese che il romanzo nasconde: posso dare però alcune notizie di ‘contorno’. Il cibo è parte importante della storia, non solo per le sempre più fitte visite alla trattoria da Enzo o per i manicaretti con cui Adelina rifornisce la tavola della casa a Marinella.
S’abbuffaro tanto d’antipasti che arriniscero a malappena ad agliuttirisi le spigole ordinate per secondo.
Il whisky poi si volatilizza a bicchieroni. Livia è più presente che in altre storie, ma con Salvo ha soltanto una sciarratina. Il fidato Fazio ha un ruolo importante nella storia, più del vice Mimì Augello. Torna a farsi vedere l’amica Ingrid. Montalbano riprende a fare le passiatine molo molo e gli incontri con il grancio. L’FBI è rappresentata da un agente siculo-americano che usa un linguaggio pittoresco: “Comu si dici beccaus? Aspetta, ora mi veni. Ah, ecco, ‘u cessu, ‘u ritrè“.
Come in altre occasioni, il libro inizia con un sogno, un brutto sogno di Montalbano e questa sempre essere diventata una costante nei romanzi sul commissario.
Infine, posso dire che il pathos della narrazione è alleggerito da alcune situazioni divertenti, almeno tre-quattro volte mi sono ritrovato a ridere come uno scemo.
Il mari era in timpesta, lui s’attrovava assirragliato dintra alla cucina dell’Alcyon mentri che i marinari tintavano di sfunnari la porta vistuti come i pirati della Malesia...

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