Ho letto “È granata il colore del bene” di Remo Vinciguerra

Noi del Toro siamo fatti così. In periodi di scarse soddisfazioni sportive, cioè quasi sempre, ci aggrappiamo alla memoria. Infatti sfido qualsiasi squadra di calcio italiana ad avere una pubblicistica vasta come quella del Torino. Quest’anno poi, che si è celebrato il settantennale della tragedia di Superga, l’editoria granata è letteralmente esplosa. Documenterò a dovere ogni libro letto e che ho regolarmente comprato, taluni scritti da amici e colleghi giornalisti. Di questo però nulla sapevo, mi è stato regalato da un carissimo amico rispettoso della mia fede calcistica.
È un volumetto davvero speciale, molto originale, perché affronta la storia del Grande Torino sotto un’angolatura imprevista. Intanto il titolo incuriosisce, È granata il colore del bene, e mette questa maglia al di sopra di qualsiasi altra casacca a righe, rombi, pallini, tinte che non siano la nostra. Poi l’autore, apprendo dal risvolto di copertina che Remo Vinciguerra è musicista, compositore e autore di almeno cinquanta pubblicazioni di didattica musicale, e difatti fornisce una bella playlist di titoli da ascoltare mano a mano che la lettura della favola procede, da Mahler ai Pink Floyd, dai Led Zeppelin a Vivaldi. Perché questo librino è soprattutto una favoletta che parte dal presupposto, come scrisse Montanelli, che il Torino non è mai morto. È soltanto in trasferta.
Vinciguerra è di Lanciano, come la casa editrice Rocco Carabba che lo pubblica. Si apre con un’accorata prefazione di Nicola Ventola (35 presenze, 6 reti nel Toro tra il 2007 e il 2009). Chissà perché proprio Ventola, comunque onore a lui, a Remo Vinciguerra e a Rocco Carabba.
Concepito come testo teatrale, con tanto di note a fianco, il libro mette in scena un’ipotetica sfida di Champions tra l’Angelica e l’Infernale, presieduta niente meno che da Belzebù. Le finali perse dall’Angelica sono ormai sette in sette secoli. A Rita, la santa dei miracoli impossibili (il Torino di oggi ne avrebbe tanto bisogno) viene in mente di suggerire al Padreterno, patron della squadra, di ingaggiare i calciatori del Grande Torino. Detto fatto, il bizzarro cherubino Tino Des, che muove i fili della storia, sottrae quei giovani “belli di fama e di sventura” all’amore dei tifosi  e al mondo terreno per convocarli per la grande sfida. Simon Pietro viene esonerato da allenatore e la squadra è affidata a Santa Rita. L’eterna contesa tra il bene e il male ha inizio in una giornata caldissima e con lo stadio strapieno. La finale è vinta con il risultato di 3 a 1. Il cielo si tinge di granata, il colore del bene.
Dio: Sogno, bramo, vagheggio la mia squadra del cuore inerpicarsi con cabrate, picchiate, viraggi d’alta acrobazia tra le appuntite vette dei vulcani infernali, e qui sfottere gli irsuti tifosi di giù, diavoli di nome e di fatto, che da sempre ci umiliano. La Coppa con le Ali deve assolutamente tornare al suo posto, sulla mia scrivania. Parola di Dio!
La favoletta teatrale di Remo Vinciguerra tratta la tragedia di Superga con delicatezza, guarda in faccia la morte con un sorriso. In fondo quella di Valentino Mazzola e compagni è stata la più bella favola dello sport italiano e un dio-tifoso non poteva che volere tutta per sé questa squadra. Arricchito di belle illustrazioni e con una grafica divertente e tutta granata, il libro è dedicato ai veri tifosi di calcio, quelli non violenti.

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