Ho letto “Bassure” di Herta Müller

Probabilmente qui il termine di bassura non viene usato nel senso più noto, cioè piccola depressiome, avvallamento. Ma piuttosto con il significato di bassezza. Umana, sociale e così via. Come già in “Il paese delle prugne verdi” anche qui il tema di fondo è lo stesso: povertà, poche prospettive, libertà quella che poteva esserci in Romania prima e durante Ceausescu. Siamo nel Banato, regione tra la Romania, l’Ungheria e la Serbia, che conta molte etnie tra i suoi abitanti tra cui gli Svevi del Danubio, di lingua tedesca, espulsi a più riprese nel dopoguerra, come la stessa Herta Müller.
Il libro è composto da diciannove brevi capitoli che raccontano la vita dell’autrice, grosso modo dall’infanzia all’ingresso nell’età adulta. Sono altrettanti quadri di senso compiuto ma strettamente collegati tra loro. L’estrema povertà del villaggio risulta evidente nel capitolo dedicato a Il bagno svevo, in cui viene descritto il rito settimanale del bagno familiare, a turno ma tutti nella stessa acqua. La bambina osserva: prima il padre, poi la madre, la nonna e infine il nonno. E il bordo della vasca diviene prima giallo, poi grigio, marrone e nero.
La famiglia sveva siede bella pulita davanti alla televisione. La famiglia sveva aspetta bella pulita il telefilm del sabato sera”.
La stessa curiosità malata la bambina mette nell’osservazione degli escrementi di tutta la famiglia, sulle cui descrizioni sorvolo. Per il resto c’è molta osservazione della natura: i fiori, gli animali, l’alternarsi delle stagioni, ma anche la dura vita del villaggio, il lavoro, le prepotenze e le prevaricazioni all’intenro della famiglia.
“Le foglie che cadono dai pioppi sono verdi e sane come l’estate. Il sindaco dice che la caduta delle foglie nel bel mezzo dell’estate dipende dal suono della grande campana, stonata da anni per la ruggine che la incrosta. E il parroco spiega che la caduta delle foglie dipende dal fatto che la piccola campana non fuoriesce abbastanza dal campanile. Per questo ci sono sempre disaccordi tra il parroco e il sindaco del paese”.
“I bambini non possono serbare rancore ai genitori, perché tutto ciò che i genitori fanno, i bambini se lo sono meritato. Io dovevo ammettere a voce alta e spontaneamente di aver meritato lo schiaffo e che era un peccato se qualche colpo aveva mancato il bersaglio”.
Ciononostante, dalle parole della bambina trapelano momenti di amore verso i genitori e di felicità nella vita domestica. Come nella prima vacanza della famiglia sul Mar Nero (“il viaggio è andato bene. Il tempo è bello. Si mangia bene. La spiaggia è proprio accanto all’albergo….Usciamo al mattino presto per arrivare primi, perché nessun altro ci rubi il posto”).
Possono sembrare cartoline un po’ banali, ma hanno una grande forza poetica. Il libro termina con la ragazza che si avvia al lavoro in una società dove si succedono i dittatori e la mafia uccide.
Uscito a Bucarest nel 1982, tradotto in italiano nel 1987 per Editori Riuniti, ripubblicato in Germania nel 2010 arricchito di alcune parti che erano state espunte. Edito da Feltrinelli nella traduzione di Fabrizio Rondolino e Margherita Carbonato. Non è una lettura divertente ma è fondamentale per conoscere meglio la scrittrice Premio Nobel 2009

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