Ho letto “Mio caro pitone” di Romain Gary

Cousin è un tipo davvero strano. Vive a Parigi e lavora alla statistica. Veste in modo originale ma non è uno stravagante, anzi è piuttosto introverso e solitario. Nutre una profonda passione – peraltro mai esternata né corrisposta – per la collega Dreyfus, una “bonona” nera originaria della Guyana. Sempre bisognoso di abbracci, frequenta abitualmente delle prostitute.
Di ritorno da una vacanza in Africa si porta a casa un pitone di due metri e venti con il quale instaura un vero e proprio rapporto affettivo, dopo aver sistemato alcuni aspetti, anche di carattere condominiale, che quella strana convivenza presuppone. Non ultimo il problema del cibo. La felicità per Cousin è restare dolcemente avvolto dalle spire del pitone. Intanto continua a vivere la sua platonica storia d’amore con la Dreyfus che un giorno gli fa visita con tre colleghi, spinti dalla curiosità di vedere l’animale.
Il finale è di tipo psicologico. Deluso in amore e respinto dalla società, un individuo simile non può sfuggire a uno sdoppiamento della personalità: consegna il rettile/se stesso a uno zoo e inizia a comportarsi come il suo amato pitone.
Sorvolando su alcune volgarità e gli inevitabili doppi sensi – d’altra parte funzionali alla storia – è un romanzo triste e divertente insieme. Scrittore dalla personalità complessa e con una produzione letteraria sterminata, Romain Gary lo aveva pubblicato nel 1974 con il titolo Gros-Calin (è il nome che dà al pitone) e lo pseudonimo di Emile Ajar. Solo quest’anno è stato pubblicato da Neri Pozza che meritoriamente, seppur con venti anni di ritardo, continua a far conoscere lo scrittore in Italia.

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