“Il gatto striato miagola tre volte” e Flavia de Luce otto

Il raccapriccio è il mio capriccio.
Che bello avere sempre undici anni (dodici in questo libro, ma sono ormai passati due lustri dalla prima avventura di Flavia de Luce). Sono i miracoli dei libri seriali o delle serie libresche, se preferite. Fatto sta che questa ragazzina esuberante e ficcanaso non invecchia mai, buon per lei e per noi che leggiamo le sue storie. Dopo Aringhe rosse senza mostarda  e Il Natale di Flavia De Luce avevo saltato qualche puntata. Thrice the Brinded Cat Hath Mew’d: a Flavia de Luce Novel, l’ottavo della serie, risale al 2016 ma è uscito da noi lo scorso dicembre, con la traduzione di Alfonso Geraci e sempre nell’elegante volumetto di Sellerio. Mi chiedo quale età media abbia il lettore-tipo di questa serie ambientata negli Anni Cinquanta del secolo scorso nella località fittizia inglese di Bishop’s Lacey. Immagino che siano adolescenti dell’età di Flavia ad essersi appassionati a questa saga. Così come, una sessantina di anni fa, io mi ero appassionato alla saga del maggiordomo Jeeves e del suo datore di lavoro Bertie Wooster nei libri di P.G. Wodehouse (passione poi trasmessa ai miei figli e spero ora ai miei nipoti).
Una premessa un po’ lunga per dire che nei romanzi del canadese Alan Bradley mi sembra di rivivere esattamente le atmosfere inglesi e un po’ snob delle storie scritte da sir Pelham Grenville Wodehouse. Infatti l’adolescente Flavia è anch’essa un’aristocratica decaduta. Nel corso delle puntate precedenti ha perso l’irrequieta mamma Harriet, che però l’ha designata come sua erede universale, a scapito delle sorelle maggiori Daffy e Feely (Daphne e Ophelia) e del marito, il colonnello de Luce, spiantato e sempre alle prese con il fisco che ora si trova ricoverato per una brutta polmonite. Gestiscono la tenuta di Bishop’s Lacey e si occupano delle ragazze la governante signora Mullet e il sempre provvidenziale maggiordomo Dogger. Flavia è appena tornata dal Canada, dove ha frequentato una scuola per ragazze-bene ed è stata espulsa. Subito si imbatte in un cadavere mentre perlustra i dintorni con la sua affezionata bici ‘Gladys’.
La Sorte ama sì le coincidenze, ma non mangia minestre riscaldate.
È un anziano e apprezzato intagliatore del legno, trovato appeso a testa in giù dietro la porta di casa in una posa simile all’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Naturalmente curiosa molto nelle sue stanze e cerca di toccare nulla, memore delle raccomandazioni che le ha fatto in altre occasioni il capo ispettore Hewitt del dipartimento di polizia di Bishop’s Lacey. 
Ma come potevo raccontare che per me imbattermi nell’ennesimo corpo senza vita era tutto tranne che terribile? Al contrario: era emozionante; era eccitante; era inebriante; era tonificante; per tacere del fatto che era elettrizzante e soprattutto appagante.
Le storie di Flavia de Luce sono sempre narrate in prima persona e sono connotate dal tipico humour inglese. Il ritrovamento dei cadaveri non è mai macabro o sanguinolento. Per lei sono semplicemente degli ‘oggetti’ da esaminare e dei misteri da risolvere, con le proprie indagini e deduzioni e talvolta con l’aiuto della chimica che è l’altra sua passione insieme all’hobby del delitto. La soluzione dell’enigma è in una raccolta di celebri libri per bambini che Flavia trova in casa del morto e in altre case. Segue quindi una sua pista che la porta a scartabellare in polverosi scaffali e biblioteche, interpellare editori, recarsi a Londra da sola in treno ma seguita dall’occhio vigile di Dogger, curiosare nelle vite degli eredi dello scrittore in questione. Non ultimo, aiuta molto il gatto del titolo che, scomparso dalla casa del morto, ricompare in quella di fronte: I gatti non miagolano di fronte alla porta di un estraneo. La storia è ambientata in un periodo prenatalizio con strade innevate e ghiacciate su cui la gente scivola e anche ‘Gladys’ non riesce a stare bene su strada.
Chi sfoglia le pagine di un libro leccandosi le dita è a livello di chi si soffia il naso con la tovaglia di lino. Sapevatelo!

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