“Ninfee nere” di Michel Bussi e l’ossessione per le ninfee di Monet

Mi piace leggere Michel Bussi e mi divertono le sue storie molto molto improbabili. Mi piace la collocazione geografica delle vicende, sia quelle ambientate in luoghi lontani e a me sconosciuti (le isole Réunion di Non lasciare la mia mano), sia in posti che conosco bene (Étretat, Yport, Fécamp di Mai dimenticare). Su Ninfee nere nutrivo molte aspettative perché, a detta di molti, è il più bel romanzo del giallista francese. La location questa volta è Giverny, a metà strada tra Parigi e Rouen, ma appena entrati in Normandia. E non poteva essere diversamente perché lì visse dal 1883 – e dal 1890 in un casolare di proprietà –  fino alla morte il pittore impressionista Claude Monet. Proprio attorno alle sue tele, al suo famoso giardino e al laghetto scavato per far crescere e poi dipingere le ninfee ruota tutta la vicenda narrata dallo scrittore francese. Museo dell’impressionismo, casa e giardino di Monet hanno fatto la fortuna turistica del piccolo villaggio normanno, tuttora rimasto con una popolazione di sole cinquecento anime. All’epoca degli impressionisti molti pittori, in particolare americani, si stabilirono a Giverny. Un po’ come quanto accadde più o meno alla stessa epoca a Pont-Aven in Bretagna con la nascita dell’omonima scuola attorno alla figura di Paul Gauguin, dove arrivarono poi pittori come Émile Bernard e Paul Sérusier. Anzi, se penso alle atmosfere di Giverny (che non ho mai visitato) mi vengono in mente gli ambienti del paesino del Finistère che conosco piuttosto bene. Si dice che a Giverny per anni vennero scoperte nelle soffitte delle case tele dimenticate o rubate di Monet, ma anche che nei decenni dopo la sua morte fiorirono scuole di falsari. Insomma, questi sono i presupposti sui quali ha lavorato Bussi per il suo romanzo, che ha per protagoniste tre donne: Fanette, undicenne appassionata di pittura, Stéphanie, maestra del villaggio e una vecchia solitaria che conosce tutto e tutti del paese e vive nella pittoresca torre di un antico mulino. La terza è l’io narrante della storia. A Giverny accadono alcuni omicidi, avvenuti in epoche diverse, sui quali indaga un poliziotto d’importazione, l’ispettore Sérénac. Tutti hanno a che fare con un fantomatico dipinto, vero o presunto e che nessuno ha mai visto, dipinto quasi in punto di morte da Claude Monet. Le Ninfee nere del titolo.
La trama è diabolica, Bussi la costruisce cercando di ‘intortare’ il lettore, che casca benissimo nelle sue trappole. Almeno con me ci è riuscito. Per trecentocinquanta delle quasi quattrocento pagine del libro nessuno può immaginare come andrà a finire la vicenda. Fino a quel punto ho apprezzato molto e letto con avidità Ninfee nere. Il finale invece mi ha infastidito, mi sono sentito realmente tradito. Non posso entrare nei dettagli, lascio giudicare chi ancora non l’ha letto. Personalmente le ninfee di Claude Monet che attraversano tutto il romanzo mi hanno stufato. Ne ho viste a bizzeffe – due volte al Musée de l’Orangerie, altrettante al Musée Marmottan e in un’infinità di pinacoteche europee. Capisco che nell’ultimo quarto della sua vita ne fosse talmente ispirato (forse ossessionato) da dipingere quasi esclusivamente quelle, tuttavia preferisco gli altri suoi dipinti.
In ogni caso questo è un romanzo che ha venduto milioni di copie e vinto decine di premi letterari. A qualcuno è piaciuto. Io mi riservo un viaggio a Giverny prossimamente.

Mai dimenticare2017 – (N’oublier jamais, 2014)
Non lasciare la mia mano, 2017 – (Ne lâche pas ma main, 2013)
La follia Mazzarino, 2019 – (Sang Famille, 2009)
Il quaderno rosso,  2018 – (On la trouvait plutôt jolie, 2017)
Forse ho sognato troppo, 2019 – (J’ai dû rêver trop fort, 2019)

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