Ho visto “In Time”

“Siamo geneticamente invecchiati per non invecchiare oltre i 25 anni. Il problema è che ci resta poi solo un anno di vita. Salvo ottenere più tempo. Il tempo adesso è la nostra moneta. Lo guadagniamo e lo spendiamo. I ricchi possono vivere per sempre. Gli altri si svegliano sperando di ottenere più tempo per arrivare al giorno dopo”.
Il soggetto è inquietante e decisamente bello. Il regista neozelandese Andrew Niccol ipotizza un mondo dominato dalle banche del tempo in cui gli individui hanno incorporato nell’avambraccio un timer che indica quanto resta loro da vivere. Un lasso di tempo che può essere incrementato o azzerato con appositi marchingegni oppure con una semplice stretta di mano. Va da sè che una società così concepita si suddivida automaticamente in eletti (praticamente immortali, potendo attingere a riserve di tempo infinite) e miserabili (costretti a cercare giorno per giorno il tempo necessario per arrivare all’indomani). Will (Justin Timberlake, una faccia da calciatore…) fa parte di questi ultimi e da tre anni ha superato i venticinque arrabattandosi quotidianamente alla ricerca di una nuova prospettiva. Occorrono minuti per mangiare, per pagare le bollette, l’affitto o il pedaggio dell’autostrada e il costo della vita aumenta ogni giorno. I miserabili diminuiscono e la ricchezza-tempo – è il caso di dirlo – si accumula sempre più in poche mani. Il ragazzo salva la vita a un uomo facoltoso e in cambio riceve cento anni: merce molto pericolosa da portare addosso! Will decide di ribellarsi al sistema diventando una sorta di Robin Hood, dispensatore di “tempo” ai derelitti. Così va a sfidare la sorte nella Time Zone, la blindatissima area in cui vivono i ricchi. Vince a poker una quantità sorprendente di anni a Philippe Weis (Vincent Kartheiser, un’azzeccata faccia da babbione….), il magnate per eccellenza, la cui annoiata figlia gli si appiccica alle costole. Ma sono inseguiti dall’integerrimo Custode del tempo Raymond Leon (Cillian Murphy, sguardo gelido e un po’ ottuso).
Un discorso a parte merita la bella di turno, Sylvia Weis (Amanda Seyfried), sempre di corsa sul tacco-venticinque, mai una sbavatura nel trucco né un capello fuori posto del suo fulvo caschetto. Ma come farà, si chiede la spettatrice. Sinceramente ho apprezzato di più Olivia Wilde (la mamma di Will): c’è per poche inquadrature, ma la sua bellezza lascia il segno.
Un po’ fantascienza, un po’ film d’azione, ma soprattutto tanto videogame, In Time è un avvincente fumettone, arricchito, volendo ma solo volendo, da alcune considerazioni socio-etico-politiche.

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