Ho letto “Ultime della notte” di Petros Markaris

“Impasse” = posto o situazione che non dà sbocco: vicolo cieco.
Avevo letto l’ultimo libro di Petros Markaris, Prestiti scaduti, e sono andato a cercare questo, il primo della serie di polizieschi che hanno il commissario Kostas Charitos come protagonista. “Una faccia, una razza” dicono in Grecia accomunandoci a loro e l’espressione ci dà un po’ fastidio. Invece lo spaccato che emerge dai libri di Markaris evidenzia una Grecia molto simile all’Italia, soprattutto nel vissuto quotidiano della gente comune. Crisi economiche comprese che, se in Prestiti scaduti (2011) sono esplose in tutto il loro fragore, in questo romanzo, scritto nel 1995, cominciavano già a farsi sentire. Il ménage di casa Charitos le evidenzia molto bene: un alloggio modesto dove il commissario vive con la moglie Adriana; le difficoltà nel mandare all’università la figlia Katerina, studentessa di legge che vorrebbe diventare pubblico ministero; un’automobile antidiluviana, la mitica ‘sifaperdire’ Mirafiori che lo accompagna per tutte le puntate della saga. 
La prima fase della vita famigliare è la gioia di stare insieme. La seconda è il figlio. La terza, la più lunga, sono le vendette. Quando arrivi a quel punto, sai che sei arrivato al culmine e non puoi andare oltre. Il pargolo va per la sua strada e tu tornerai ogni sera a casa sapendo che ti attendono tua moglie, la cena e le vendette.

Con una moglie appassionata di soap opera e comunque succube del teleschermo, l’unico trastullo extraconiugale di Kostas Charitos, che narra in prima persona, è la passione per i dizionari e i vocabolari: ne ha uno scaffale pieno e legge solo quelli, anche la sera prima di addormentarsi.
L’inchiesta che deve svolgere Charitos – come tanti poliziotti preso tra collaboratori inefficienti e superiori che badano solo alla propria carriera – prende le mosse dall’omicidio di una coppia di albanesi, probabilmente dediti al contrabbando. Ma nella vicenda, prima che la polizia ne venga a capo, ficcano il naso i giornalisti, in particolare quelli di Canale Hellas che tengono il fiato sul collo degli inquirenti, un po’ come succede con Retelibera e Televigata nelle inchieste di Montalbano. Proprio una di queste giornaliste d’assalto, Ghianna Karaghiorghi, viene uccisa negli studi televisivi prima di annunciare in diretta un clamoroso scoop.
“Stava antipatica a tutti, dunque era brava. Il dovere del giornalista è diventare antipatico. Più sei antipatico, più sei bravo”.
Affermazione certamente discutibile, ma nel bell’ambientino che è Canale Hellas certamente non suona a sproposito. Il primo sospettato è Petratos, il direttore del Tg, superprotetto dal proprietario. Avrebbe avuto buoni motivi. Ma l’omicidio di una seconda giornalista dilania l’emittente e apre a Charitos nuovi scenari investigativi. Sulle tracce di quali inquietanti segreti era giunta Ghianna Karaghiorghi? Con pazienza il commissario mette insieme pezzo per pezzo e arriva alla sconvolgente soluzione. E in qualche modo c’entra la politica…
…quegli uomini che avevano avuto il monopolio del potere per quarant’anni, sono gli unici che sanno governare, gli unici che hanno rapporti con il resto del mondo, contatti, relazioni. E li utilizzano. I quadri del partito diventano uomini d’affari. Prima parlavano di politica, ora parlano d’affari.

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