Evviva la fisa !

Musica e memoria
Che cosa mi abbia spinto – quasi dieci anni fa – a decidere di comprarmi una fisarmonica è difficile spiegarlo. Forse è un complesso di motivi. E comunque bisogna partire da un presupposto. Che ognuno di noi è fatto di tante cose che si porta dentro. Che so, i viaggi fatti, le persone che ti hanno lasciato un’impronta, i libri letti, le donne conosciute, i profumi odorati e via dicendo. Nel mio caso mi sento di dire che io sono “la musica che ho ascoltato” e penso che sia un fatto comune a tanta gente. Nel corso della vita ne ascolti tanta e così dentro di te si accumulano, si sedimentano suoni, note, brani, anche rumori, cacofonie. Ogni tanto riemerge qualcosa, associ un brano ad un fatto, un periodo, un flirt, un episodio della tua vita. E se anche ami follemente la musica o se solo sei dotato di un po’ di memoria, o di orecchio, allora dentro di te c’è un repertorio sterminato. Molto spesso riconosci un motivo ma neppure ne conosci il titolo, l’autore, la genesi. Semplicemente lo riconosci e basta. Mi chiedo se la stessa cosa accade per i musicisti. E allora, ma quanta musica si portavano dentro Beethoven, Mozart, Bach? Ragionando su un musicista mi è spesso capitato di chiedermi ma quale sarà il motivo che si è portato nella tomba Mozart? Oppure, con quale brano nella testa avrà lasciato questo mondo Lucio Battisti, tanto per cambiare genere musicale? O De André? Oppure Dalla, per restare a una scomparsa più recente. E ancora: su quale tonalità, su quale nota si chiude la vita di ciascuno di noi? Non ho fretta di scoprirlo, ma quando accadrà vorrei essere così lucido da riconoscere il motivo che mi frulla nella testa al momento della dipartita.
Un pomeriggio d’autunno a Brescia
Stavo parlando della fisarmonica che mi sono comprato nel 2003. Era una Croson, marca mai sentita, e per comprarla mi ero spinto fino ad un magazzino di strumenti musicali vicino a Brescia, per la precisione da “Cavalli” a Castrezzato. “Oggi esistono tre tipi di fisarmoniche” mi aveva detto il venditore alla mia richiesta di acquistare una fisarmonica a piano, di quelle tradizionali a tasti bianchi con i diesis e i bemolli neri, una qualunque e senza pretese. “Le più pregiate sono quelle della tradizione artigianale italiana, storicamente fabbricate a Castelfidardo o a Stradella. Ma si scordi che siano fatte ancora lì, ormai le fabbriche sono quasi tutte chiuse” mi aveva spiegato. “Poi ci sono quelle assemblate in Italia, ma con pezzi provenienti dalla Romania e infine le cinesi, di qualità decisamente inferiore e con un prezzo molto contenuto”.
Ho deciso per il secondo tipo, mediamente economico, dopo averne ascoltato il timbro dalle mani del venditore e, senza peraltro nemmeno provarla nell’apposita camera insonorizzata (in realtà mi vergognavo un po’ a suonare davanti ad estranei) me ne sono tornato a Torino mettendo nel bagagliaio dell’auto un valigione che conteneva una pesantissima Croson nera, 120 bassi. Ma devo ancora spiegare perché quel giorno, dopo un tergiversare durato mesi, mi ero spinto fino a Brescia. Per spiegarlo devo fare un salto indietro nel tempo di mezzo secolo, anzi per l’esattezza di 50 anni.

(1 – continua)

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