Ho visto “The Lady”

Sinceramente mi aspettavo di più. Luc Besson sceglie di raccontare la versione intima e familiare della vicenda di Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione birmana e Premio Nobel per la Pace nel 1991. In questo senso il film è molto aderente alla realtà. Nonostante la disponibilità di mezzi con cui è stato girato – notevoli sono le scene di massa – appaiono invece in secondo piano gli aspetti più propriamente politici e sociali che hanno caratterizzato gli ultimi trent’anni di storia della Birmania. Besson non li approfondisce e così il susseguirsi degli stupidi generali sullo schermo finisce per apparire come una girandola carnevalesca. A voler legger più a fondo il contesto, il film è una denuncia dei regimi militari, ottusi e malvagi allo stesso modo a tutte le latitudini, dal Cile alla Grecia, alla Birmania appunto.
Immane aleggia sulla storia la figura del padre di Suu, il generale Aung San, esponente del partito comunista ed eroe dell’indipendenza birmana, ucciso da avversari politici nel 1947. A lui si deve la frase “Tu puoi anche non pensare alla politica, ma la politica pensa a te!”
Concentrandosi sul côté coniugale – il marito Michael Aris era un professore universitario inglese – la sceneggiatura sfuma parecchio la mobilitazione internazionale a favore della donna e il film, nonostante la drammaticità delle vicende a cui si riferisce, cala di tensione e perde di ritmo. Forse soggiogato dalla carismatica figura di Aung San Suu Kyi, Luc Besson si è lasciato alle spalle le esperienze dei suoi film di fantascienza come “Il quinto elemento” e di pilastri del cinema d’azione quali “Nikita” e “Leon”.
Per la splendida Michelle Yeoh (“La tigre e il dragone”, “Storia di una geisha”, nella vita compagna dell’ex uomo Ferrari Jean Todt) è una prova di maturità notevole. Meno convincente è David Thewlis (l’antipatico Lyons di “War Horse”) nei panni del marito, anche se incarna bene il tipico docente britannico un po’ stralunato. “The Lady” si avvale delle musiche di Eric Serra, collaboratore di tutti i film del regista parigino.
Fatta salva la figura eccezionale di Aung San Suu Kyi, il film non avvince come vorrebbe e non commuove come potrebbe.

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