Ho letto “La promessa dell’alba” di Romain Gary

“Diventerai un eroe, un generale! Diventerai un Gabriele D’Annunzio, un ambasciatore di Francia. Questi straccioni non sanno chi sei!”
Credo che mai un figlio abbia odiato tanto la madre come la odiai io in quel momento.

Aveva già superato i quarant’anni Romain Gary (pseudonimo di Roman Kacev), una delle figure più complesse della letteratura europea del ‘900, quando scrisse questo romanzo-autobiografia. Si trovava a Big Sur, una splendida spiaggia della costa centrale della California, dove si immaginava circondato dalle schiere nemiche, gli dei misteriosi e loschi che la mamma gli aveva insegnato a riconoscere fin da bambino e che lei stessa aveva già combattuto. Il dio della stupidità, il dio delle verità assolute, il dio della meschinità…. E’ un insegnamento fondamentale per lo scrittore francese di origine ebreo-russa e lo terrà presente per tutta la vita. Con questo libro Gary ha voluto pagare un debito d’amore nei confronti della donna che lo ha protetto e condizionato anche dopo che era scomparsa.
Con l’amore materno la vita ci fa all’alba una promessa che non manterrà mai. In seguito si è costretti a mangiare gli avanzi, fino alla fine. Ogni volta che una donna ci prende fra le braccia e ci stringe al cuore, si tratta solo di condoglianze.
La prima parte del libro è relativa all’infanzia, trascorsa in Polonia a Wilno e a Varsavia, dove la mamma ha cresciuto da sola Roman bambino. Ex attrice fuggita dalla rivoluzione, lo aveva avuto da un celebre divo del cinema muto, Ivan Mosjoukine, che poi l’aveva abbandonata. Per lui la mamma sogna un avvenire radioso e di successo e lo ipotizza di volta in volta nella musica, nella pittura, nella danza, nel teatro, salvo verificare che in realtà non aveva alcun talento. Roman sceglierà infine la letteratura che è ‘l’ultimo rifugio per coloro che non sanno dove andare a sbattere’.
Tanto vale dire subito, per chiarire questo racconto, che oggi sono console generale di Francia, membro della Liberazione, ufficiale della Legion d’Onore, e che se non sono diventato né Ibsen né D’Annunzio non è che non abbia tentato.
Quello della Polonia è un periodo duro. La mamma si inventa cento mestieri pur di non far mai mancare la bistecca al bambino. Mosjukine compare soltanto un paio di volte, giusto per sfoggiare auto di lusso e fare colpo su Roman, senza peraltro palesarsi come padre.
In quel periodo avevamo veramente toccato il fondo, non dico dell’abisso, perché ho imparato col tempo che l’abisso non ha fondo e che ognuno di noi può battere dei record di profondità senza esaurire mai le possibilità di quella interessante istituzione.
Dopo l’ultimo rovescio della fortuna la signora Nina decide di partire per la Francia e continuare lì a coltivare sogni di successo per il figlio. Superata la crisi mondiale del ’29, le cose cominciano a migliorare. E’ la seconda parte del libro e descrive l’adolescenza dello scrittore. I due si sono stabiliti a Nizza, hanno preso la nazionalità francese e la donna ha aperto un piccolo albergo. Roman sente fortemente il dovere di accudire e proteggere la mamma che, nonostante continui ad esercitare un certo fascino sugli uomini, non ha mai voluto accasarsi.
Siccome a quel tempo avevo solo quattordici anni e ancora non potevo provvedere ai bisogni di mia madre, come era mio ardente desiderio, mi rifeci dando al commerciante rispettabile un bellissimo paio di schiaffi, il primo che appioppai di una lunga e brillante carriera di distributore di schiaffi che ben presto doveva rendermi conosciuto nel quartiere.
Presto iniziano i distacchi tra i due. E’ tempo del liceo e dell’università, prima a Aix-en-Provence poi a Parigi. Anche nello sport il ragazzo non ha raggiunto il successo, ora alla mamma non resta che sperare in un carriera diplomatica oppure, visto che si avvicina il conflitto mondiale, nella carriera militare.
Ma Roman deve ancora patire una delusione. Non supera l’esame al corso ufficiali e deve iniziare la guerra da semplice caporale. Avrà però modo di diventare pilota d’aereo e passare di grado. Sarà un eroe di guerra, sempre accompagnato da un sorta di protezione della mamma. Nina, malata di diabete, gli spedisce lettere ovunque lui combatte. Anche dopo morta continuano a giungergli le sue missive, oltre duecento, preventivamente scritte e lasciate da spedire a un’amica.
Continuai dunque a ricevere dalla mamma la forza e il coraggio che mi erano necessari per tirare avanti, quando lei era già morta da più di tre anni. Il cordone ombelicale aveva continuato a funzionare.
E’ la terza parte dell’autobiografia e racconta le incredibili peripezie di Gary durante la guerra. Termina infine sulla spiaggia di Big Sur, o meglio sulle rocce, a fianco delle foche, facendo un ultimo bilancio della sua vita a quel momento. La promessa dell’alba è stata mantenuta.
Ho semplificato di molto la storia, sorvolando su episodi non solo divertenti ma tutti narrati con una punta di ironia. Il libro, davvero straordinario, è stato pubblicato nel 1960.

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