“Storie di navi, naufragi e marinai” di Gianfranco Vanagolli, l’incanto del mare e delle sue vicende

Presi il comando del brigantino italiano “Tommaso” nel porto di Barcellona, in zavorra, pronto alla partenza, diretto a Portoferraio, ma il tempo non ci permise di partire fino al giorno 29 corrente.
Sembra l’incipit di un romanzo di Joseph Conrad e invece è un passaggio tratto dallo scartafaccio redatto dal comandante della nave, Desiderio Mellini, nel novembre del 1892. Ha questo di affascinante il libro di Gianfranco Vanagolli appena pubblicato (dicembre 2021) per i tipi della Edizioni Il Frangente specializzata in libri di mare, tutte le storie prendono spunto da giornali di bordo, diari, verbali di sinistro marittimo, relazioni di capitani di porto, conservati in biblioteche e archivi storici, come l’Archivio Storico del Comune di Portoferraio. E non a caso l’Elba, patria dell’autore di questo e di altra produzione di romanzi e racconti sul mare, è l’epicentro di tanta navigazione che si è diramata nei secoli per i convenzionali sette mari.
Vanagolli ci racconta diciannove storie, in perfetto ordine cronologico, ci parla di naufragi ma anche di navigazioni che hanno avuto un lieto fine dopo alcune peripezie. Il primo è il naufragio dell’Inconstant, nave ammiraglia di Napoleone al tempo dell’isola d’Elba, un brick da 18 cannoni impiegato sia per missioni militari che per trasporto di persone e merci. Nel dicembre 1814 durante un fortunale finì ingloriosamente arenato sulla spiaggia della Bagnaia. Imperizia del comandante? Possibile, lo dimostrano scritti dell’epoca. Oltretutto il tenente di vascello Taillade, così si chiamava il comandante, come un antesignano dello Schettino della Costa Concordia duecento anni dopo, si era messo in salvo anzitempo con lo scrigno dei suoi valori lasciando a un subordinato gli ultimi tentativi di salvare la nave. Per questo un’inchiesta lo sollevò dall’incarico. L’Inconstant tuttavia fu recuperato e un mese dopo riportò Napoleone in Francia.
Le crociere narrate nel libro dimostrano quanto fosse diffuso nei secoli il trasporto via mare di merci di ogni tipo. Talvolta si trattava di merci di valore che potevano indurre comandanti ed equipaggi di pochi scrupoli a provocare naufragi sospetti, dopo aver venduto le mercanzie durante soste non previste. È quanto accadde nel 1818 al cutter San Pietro, naufragato al largo di Punta Calamita con l’equipaggio in salvo su una piccola lancia, episodio che il rapporto delle autorità marittime collocava in un quadro attendibile di baratterie e traffici obliqui in genere.
Scorrono nella narrazione di Vanagolli anche pagine gloriose della marineria nostrana, come la crociera della piro corvetta di prima classe Magenta, nel 1865 in missione nei mari di Giava e Sumatra per osservare pesci, uccelli, specie vegetali. Scriveva il naturalista Giglioli: Le bellezze naturali di questi canali sono tali che la penna non basta a rendere l’impressione che fanno sull’animo di chi ha la fortuna di passarvi in mezzo... E qui indubbiamente la vicinanza con i racconti di Conrad si fa molto forte. Ma questo capitolo mi ricorda anche un altro libro che ho letto di recente, Diario di bordo dal mare di Cortez, una spedizione scientifica marina a cui aveva preso parte lo scrittore John Steinbeck.
Non mi dilungo oltre sulle altre crociere e sui naufragi, sulle storie di navi e di marinai, per non pregiudicare il piacere di una lettura avvincente e che per me è stata troppo breve…
Non sembri piaggeria l’invito a Gianfranco Vanagolli a tornare a occuparsi presto di altre storie di mare, come aveva già fatto con i precedenti volumi, I dannati del Priamar, Bandiera a bruno per la Diletta Mauro e il napoleonico Il tesoro del Carmine. D’altra parte chissà quanti altri spunti sono presenti nei documenti conservati negli archivi storici e nelle biblioteche dei porti o, metaforicamente, nelle acque dell’Arcipelago Toscano.
Questo volume si chiude con l’indimenticato disastro del 25 luglio 1956 di cui fu protagonista l’Andrea Doria al largo dell’isola di Nantucket dove navigava con rotta colpevolmente sbagliata il transatlantico svedese Stockolm e poi con la pagina divertente del cargo Pina Onorato, giunto a Shanghai nel 1957 e festeggiato al grido di “Calibà” o “Galibà”, che per i cinesi voleva dire “Garibaldi”.

PS Indispensabile il glossario marinaresco riportato in appendice

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