Evviva la fisa ! (2)

Tutto è cominciato quando avevo 10 anni
Quando avevo dieci anni circa, mio padre decise che avrei dovuto suonare la fisarmonica. Nessuno in famiglia, neppure tra i parenti meno prossimi, era musicista. Solo mio nonno materno aveva suonato in una banda musicale in Tunisia negli anni Trenta, quando la colonia italiana era la più grossa rappresentanza straniera, prima che iniziasse l’emigrazione di ritorno. Il suo strumento era il clarinetto e ricordo che mi faceva vedere i suo spartiti, inutilizzabili da me perché per strumenti in si bemolle. Musica per banda, fogli ingialliti dal tempo.
E all’epoca, erano i primi anni Sessanta, non era ancora diffusa la moda di far studiare uno strumento ai propri figli. Mio padre, che era un elettricista autodidatta e appassionato di radiotecnica, tanto che le prime radio apparse in casa erano dei grossi cassoni costruiti da lui stesso, amava molto la musica americana, le grandi orchestre per la precisione, quelle che suonavano i “ballabili”, senza che lui tuttavia sapesse muovere un passo. Adorava i Platters e per quanto riguarda la musica italiana, a casa non mancavano i dischi di Carosone e di Buscaglione. Gli piaceva molto anche il teatro di varietà, anzi “Il Varietà”, quello dove le orchestre suonavano dal vivo e sul proscenio si esibivano le ballerine con le piume di struzzo. Lui era un cultore degli spettacoli di Macario, Dapporto, Valter Chiari, Campanini, che in genere erano in secna al Teatro Alfieri. Talvolta portava anche me, molto piccolo. “Stasera ti porto a vedere le patanue“ diceva lui usando un termine dialettale, in realtà come si può ben capire, per l’epoca le donnine erano castigatissime e solo occhi meno innocenti dei miei di fanciullo potevano far lavorare l’immaginazione. Se scavo bene nella memoria credo di aver visto, in età di scuola elementare, molte volte i primi due e perfino la portentosa Wanda Osiris, già piuttosto avanti con l’età. Di quegli anni ricordo anche un concerto di Domenico Modugno, sempre all’Alfieri. In realtà mio padre non era un grande cultore della canzonetta italiana. Se dovessi traslare i suoi gusti nella nostra epoca direi che sarebbe stato un buon appassionato di quel repertorio “swingato” che l’Orchestra Italiana di Renzo Arbore ha saputo scovare negli archivi e rielaborare e che ancora oggi interpreta magnificamente. Potenza della musica!
Il primo ricordo che ho è di una professoressa di musica che andava a dar lezione ad un bambino del piano di sopra. Sforzo la mia memoria ma non ne trovo il nome. Una signora minuta, mi chiedevo come potesse reggere una fisarmonica, ma sapeva il fatto suo. Molto truccata, sfoggiava un’antipatica erre moscia. Ad ogni modo mi aggregavo al ragazzetto di cui sopra e prendevo lezione con lui. Solfeggio, metodo classico, il Bona. Tanto solfeggio e poco strumento: ma le basi erano tutte lì. Ne avessi fatto di più non avrei le lacune che mi ritrovo ancora adesso. A casa però cercavo di suonare di nascosto dall’insegnante. Che era ciò che voleva mio padre e che finiva col piacere a me: suonare, suonare, suonare.

(2 – continua)

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