“Dal diario di una lumaca”, Günter Grass e la lentezza delle riforme

La lumaca è il simbolo della mediazione tra utopia e rassegnazione.
Libro molto complesso e difficile da interpretare se non si hanno elementi di storia politica tedesca del dopoguerra, nella fattispecie del Partito socialdemocratico, l’SPD, negli anni di Willy Brandt. Il libro è del 1972 e racconta la campagna elettorale tedesca del 1969, quando Günter Grass si era impegnato direttamente e pesantemente a sostegno e al fianco del futuro Cancelliere federale. Lo scrittore rientrava a casa ogni fine settimana, raccontava ai suoi quattro bambini quanto fatto nei giorni precedenti, discorsi, viaggi, incontri e rispondeva alle loro ingenue domande.
«E adesso dov’è che vai via?»
«E là che cos’è che ci fai?»
«Per chi è che lavori?»
«E che cosa ci porti?» 
Non sappiamo che cosa capissero Franz Raoul Laura Bruno, certo era solo un escamotage letterario per dare forza al diario. Originario di Danzica, Günter Grass inserisce nella narrazione ai figli le storie degli ebrei travolti dal nazismo. Dalla grande sinagoga distrutta nel 1939 prima ancora dell’annessione della Libera Città di Danzica alla Germania alla diaspora degli ebrei espulsi, i più fortunati verso la Palestina, gli altri nei campi di concentramento. Lo scrittore premio Nobel 1999 ne racconta vari episodi alternandoli alle vicende della campagna elettorale del 1969. Per collegare la narrazione dei due periodi inventa un personaggio, Hermann Ott, detto “Dubbio”, una sorta di buon tedesco. Ariano e originario di Danzica, ha insegnato in una scuola ebraica fino all’espulsione dei suoi allievi, poi è stato perseguitato e ha dovuto nascondersi in campagna.
«E Dubbio?»
«Chi sarebbe ‘sto Dubbio?»
«Ce li aveva dei fratelli o una sorella?»
«Te lo sei immaginato tu, così?» 
“Dubbio” è personaggio fondamentale e ricorre per tutto il libro (risulta difficile definirlo romanzo). I bambini chiedono di descriverlo fisicamente, di un rigoroso pallore ascetico, scontrosamente taciturno, rusticamente sano, non appariscente. Rappresenta quello spirito critico che è fondamentale per il progresso di una nazione. Ha l’hobby di studiare le lumache che alleva in grandi terrari. Ecco che la lumaca, Schnecke in tedesco, si presta a diverse metafore. Il progresso è una lumaca, l’ascesa politica di Willy Brandt è lenta e quindi lumacosa, l’Espedè è una lumaca. Rispetto a qualcuno che sta fermo anche la lumaca è un velocista. Infine, potremmo definire la lumaca che striscia nelle pagine di tutto il libro come una parodia del progresso sociale e della lentezza delle riforme. Mi viene in mente ora che potrebbe essere anche una plastica rappresentazione dell’Italia odierna.
«E tu che tipo di lumaca sei?»
«Qual è che vorresti essere?»
«Una colla casetta o una nuda?»
«Su, dillo?»
Sono arrivato a leggere Dal diario di una lumaca in seguito a uno stimolo pervenuto dal grande W.G. Sebald, la cui ultima raccolta postuma Tessiture di sogno contiene appunto un saggio sul libro di Grass, con riferimenti alla figura di Hermann Ott “Dubbio”, uno dei personaggi fittizi attraverso i quali – cito Sebald – la letteratura tedesca del dopoguerra ha cercato il suo riscatto morale, dopo aver omesso per anni le proprie colpe.
La colpa e la vergogna, inarrestabili, due lumache che sanno dove andare.
Come si è saputo molto più tardi la stessa vita dello scrittore originario di Danzica non è stata molto commendevole. Ma questa è un’altra storia.

PS. Ho trovato una copia di Dal diario di una lumaca (Einaudi, 1974, trad. Bruna Bianchi) grazie all’efficiente servizio delle Biblioteche civiche torinesi

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