Ho letto “Il signore di Parigi” e “Il Barone Bagge” di Alexander Lernet-Holenia

Torno a leggere Lernet-Holenia dopo lo spumeggiante romanzo Ero Jack Mortimer che me lo aveva fatto conoscere. Sono due brevi romanzi di ambientazione storica. Il signore di Parigi altri non è che il boia, colui che regnò durante la Grande Rivoluzione e al quale furono affidate le teste più famose di Francia – la famiglia reale, Danton, Desmoulins, Robespierre, Saint-Just e ancora – tutte cadute sotto la sua mannaia. Nel 1788, durante un ricevimento, lo scrittore Jacques Cazotte (Le diable amoureux) fa una profezia su quali teste cadranno sul patibolo. Dapprima l’inquietante profezia è accolta dalle risate degli astanti, poi l’atmosfera si guasta e il padrone di casa lo apostrofa così: “Mio caro signor Cazotte! Questo deplorevole scherzo è durato abbastanza. Voi lo state spingendo troppo in là, fino al punto di mettere a repentaglio non solo la vostra persona ma anche la compagnia in cui vi trovate!”.
La profezia di Cazotte circola anche tra i rivoluzionari. Sebbene, come tutti a quei tempi, non credessero in Dio, erano però, come tutti, superstiziosi. Il prosieguo del racconto dimostra ovviamente come Cazotte avesse ragione, anche sulla propria testa puntualmente caduta, e sulla salvezza di due giovani per i quali aveva predetto che si sarebbero salvati dall’ecatombe. Anche grazie al suo aiuto. “Il conte Brankenbourg, rimarrà in vita, e in vita rimarrà pure la giovane con la quale sta ora parlando”. Senza dubbio un bell’intreccio tra vita, amore, destino e morte nella Parigi dominata dalla ghigliottina.

Perché in verità, per quanto sia alieno dalle fantasticherie, in fondo al mio animo il sogno è tuttora realtà, e la realtà davvero nulla più d’un sogno.
Tema eterno di tutte le letterature, quello del sogno e della vita che si scambiano reciprocamente i ruoli. La vida es sueño argomentava nel ‘600 Pedro Calderon de la Barca. Qui il protagonista è il Barone Bagge, giovane ufficiale della cavalleria austro-ungarica in guerra contro i russi nella pianura pannonica nel 1915. Il suo squadrone si stabilisce in un villaggio ungherese dove il ragazzo intreccia una relazione con una giovane ereditiera che sposerà in fretta e furia prima di riprendere il cammino verso un invisibile nemico. Da quel momento continuammo a cavalcare per altri tre giorni e per alcune ore del quarto giorno. (…)Lo strato di nubi che teneva nascosto il cielo e occultava la vista delle montagne poco più in alto del fondovalle, s’incupiva sempre maggiormente, e si mutò alla fine in una specie di nebbia nerastra nella quale, più che marciare, andavamo tastoni. Compare infine un ponte d’oro che scavalca un fiume impetuoso. Lì sopra Bagge rimane ferito. E’ banale dirlo, ma è il ponte che separa la vita dalla morte e tutte le vicende precedenti non sono state che un sogno.
….a meno che, se è un sogno la morte, anche la vita non sia che un sogno; e che tra i sogni corrano ponti in un senso e nell’altro, tanto che sarebbe difficile dire realmente cosa sia morte e cosa sia vita, e dove comincino e finiscano lo spazio e il tempo che le separano!

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