Ho letto “Lo scalpellino” di Camilla Läckberg

Patrik stava perdendo il controllo. Si alzò di scatto per non commettere qualche sciocchezza, snocciolò la formula di rito e chiuse l’interrogatorio.
Terza puntata di una serie che ha per protagonista Patrik Hedström, poliziotto presso il commissariato di Fjällbacka, piccola località turistica estiva svedese nota per essere stata residenza di Ingrid Bergman. Fjällbacka è anche il luogo di nascita di Camilla Läckberg, non ancora quarant’anni e da dieci almeno pervenuta al successo con i suoi gialli, in quel segmento della letteratura nordica, svedese in particolare, che se ha radici almeno ottocentesche è da un ventennio che Henning Mankell ha portato all’onore del mondo (in Italia facendo le fortune dell’editore Marsilio). Certo il commissario Kurt Wallander ha un diverso peso specifico in questo panorama e anche la scrittura di Mankell è ben altra cosa!
Lo scalpellino prende l’avvio dal ritrovamento del corpo senza vita di una bambina, rimasta impigliata nella nassa di un pescatore al largo di Fjällbacka. Quello che pare essere un tragico incidente si rivela invece un omicidio. Nei suoi polmoni c’è infatti acqua dolce, e non di mare, e sapone. Qualcuno l’ha annegata in una vasca da bagno e poi gettata in mare. Malgrado il paese sia piccolo, i segreti inconfessati sono tanti e toccano una moltitudine di persone. Il Male viene da molto lontano, addirittura dagli anni Venti, e riguarda la vicenda di uno scalpellino e della sua famiglia. Läckberg alterna nella narrazione, con brevi capitoli in corsivo, questa storia, apparentemente altra rispetto all’assassinio della piccola Sara. Poi inevitabilmente le due vicende si ricongiungono e l’omicida salta fuori, non senza che prima fuoriescano altre porcherie assortite: pedofilia, maltrattamenti familiari, banalissime corna, poliziotti fuori controllo.
“Già non si può proprio dire che l’umanità abbia mostrato il suo lato più nobile in quest’indagine” disse scuotendo la testa.
L’intreccio è complesso, la suspense quasi assente, il brivido manca del tutto. L’ho letto con un po’ di fatica. Il poliziotto Patrik e la sua compagna Erica non sono riusciti a intrigarmi. Questi gialli svedesi finiscono per assomigliarsi tutti, fatta salva, per la sua originalità, la trilogia Millennium di Stieg Larsson.
“Non la capisco questa stronzata delle quote rosa. Dovrei scegliermeli io i miei sottoposti, e invece no, devono mandarmi una poliziotta in gonnella che sì e no avrà imparato a infilarsi la divisa. Ti sembra giusto?”

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