Troppi anziani? Dal cinema la soluzione…..

Novello Candide, il Fondo Monetario Internazionale scopre il problema longevità: nel 2050 ci saranno troppi anziani. Potrebbero saltare tutte le previsioni per la previdenza e l’assistenza sociale. Bella scoperta! L’ottimista Massimo Gramellini nel suo ‘Buongiorno’ di oggi, citando lo scrittore Martin Amis, paventa che l’anziano debba “entrare in una cabina al compimento del novantesimo anno, schiacciare un bottone e adios”.
Anche se non sviluppato nei termini contemporanei, il problema è vecchio quanto il mondo e se lo erano già posto società più arcaiche. La letteratura soprattutto e il cinema sono pieni di esempi e di soluzioni. Senza andare troppo lontano nel tempo, il racconto di Jack London “La legge della vita” (1919), ambientato tra gli indiani d’America, ipotizza che l’abbandono di un vecchio consenta ai più giovani di sopravvivere. Così l’anziano capovillaggio Koskoosh viene abbandonato dalla tribù che deve spostare l’accampamento con l’arrivo dell’inverno. Accanto a lui qualche tizzone acceso per tenere distanti gli animali.
Il vecchio sentì che il cerchio si stringeva. Agitò selvaggiamente il tizzone e gli sbuffi affannosi divennero ringhi, ma le belve ansimanti non si dispersero. Ecco che uno si faceva avanti con cautela, strisciando sul petto; poi un secondo, e un terzo; ma nessuno si ritrasse. “Perché avrebbe dovuto aggrapparsi alla vita?” si chiese, e lasciò cadere sulla neve il tizzone fiammeggiante, che sfrigolò e si spense. Il branco ringhiò inquieto, ma mantenne le posizioni. Di nuovo Koskoosh vide l’ultima difesa del vecchio alce maschio, poi lasciò cadere stancamente la testa sulle ginocchia. Cosa importava dopo tutto? Non era forse quella la legge della vita?
Non ha nulla da cui difendersi invece la vecchia Orin accompagnata in montagna e abbandonata dal figlio alle soglie dei settant’anni. Quello è già il luogo dei morti. Attorno a lei le ossa dei vecchi abbandonati in precedenza e tanta neve. La vecchia non si oppone a quella che è una consuetudine del villaggio, sperduto in un Giappone arcaico e primitivo dove prevale il culto della natura: la sua morte consentirà ad un soggetto più giovane di continuare a vivere. Impassibile, Orin sarà a poco a poco ricoperta dalla neve mentre il figlio ridiscende a valle. E’ la scena finale del film “La ballata di Narayama” di Shôhei Imamura, Palma d’Oro al Festival di Cannes 1983, remake di un altro film giapponese, “La leggenda di Narayama” (1958) di Keisuke Kinoshita a sua volta tratto dal romanzo “Le canzoni di Narayama” (1956) di Shichiro Fukazawa, ambientato a metà dell’Ottocento. Per accelerare l’uscita dal villaggio e far posto, nella lotta per la sopravvivenza, alla giovane moglie del primogenito, la vecchia Orin si spezza i denti da sola in modo da apparire ancora più decrepita. Ero a Cannes per quell’edizione del festival. La vittoria del film di Imamura sorprese molti ma non il sottoscritto, toccato ed emozionato da quella storia come raramente mi era capitato al cinema. “Narayama-bushi kô”, questo è il titolo originale, mi è rimasto impresso e mi sovviene ogni qualvolta si parla di anziani.
Così come “I viaggiatori della sera” (1979), l’ultima tra le poche regìe di Ugo Tognazzi. In una società ben più evoluta rispetto al film giapponese – potrebbe tranquillamente essere la nostra odierna – quando una persona raggiunge una certa età (il romanzo di Umberto Simonetta da cui è tratto postula che a 49 anni si debba abbandonare ogni attività lavorativa, altro che i 70 di Imamura e i 90 di Gramellini!) viene accompagnata in un villaggio per anziani. Ogni nuovo arrivo è una specie di festa con figli e nipoti che poi ritornano alle loro case. La vita nel villaggio è come quella in un ricco centro turistico: giochi, balli, sport, attività ricreative, qualche residuo sfogo sessuale. La coppia formata da Orso e Niky (Ugo Tognazzi e Ornella Vanoni) si lascia andare anche a relazioni extraconiugali. Il villaggio però ogni tanto va sfoltito. Ecco allora che periodicamente vengono sorteggiate delle crociere. Gli arzilli ‘turisti’ vi partecipano con entusiasmo ma non faranno più ritorno. Questo il succo, in realtà la trama di libro e film è più complessa. Ad esempio all’interno del villaggio opera una cellula clandestina che si oppone all’eliminazione degli anziani.
Non ricordo che il film abbia avuto un grande successo. Ad un titolo evocativo e bellissimo corrispondeva una trama triste e inquietante. Credo che sia stato giudicato tra le cose minori del grande Ugo e rimosso dalla critica e quasi mai apparso nelle retrospettive. Solo nel 2010 è stato coraggiosamente pubblicato in homevideo. Certo Simonetta e Tognazzi nel 1979 precorrevano i tempi e oggi è un film da vedere. Per riflettere. Sui troppi anziani……..

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