Ho letto “Con le peggiori intenzioni” di Alessandro Piperno

Nella mia idiosincrasia verso gli scrittori italiani contemporanei – salvo ovvie e opportune eccezioni – a volte mi devo ricredere. Uno scrittore a cui non mi sarei avvicinato, un libro che non avrei mai letto. Se non fosse per il rispetto che nutro verso la persona che me lo ha regalato. Tra i tanti titoli che mi sono arrivati a Natale ho scelto di leggere subito questo, come se fosse una noiosa pratica da evadere. Tra l’altro la copertina ricorda curiosamente quella di un libro di Romain Gary, Biglietto scaduto, letto qualche tempo fa. E ora che l’ho letto mi rendo conto che c’è anche dell’altro in comune: ambiente altolocato, tracollo economico, deragliamento fisico di uno dei protagonisti. Avevo commentato allora “E’ una sorta di romanzo-manuale (che fare quando c’è l’amore ma non c’è più il fisico?) che dovrebbero leggere tutti i maschietti di una certa età”. Nel libro di Piperno si racconta invece il declino di una intera dinastia, generazione dopo generazione, i Sonnino, contrapposta ad un’altra, solo dal punto di vista economico più fortunata, i Cittadini. E l’io narrante, Daniel Sonnino, l’ultimo della dinastia, mette in scena praticamente un campionario completo dei vizi e delle depravazioni di certo jet-set romano, salvo poi rivelare pubblicamente lui stesso un vizio imbarazzante: viene colto ad annusare le mutande dell’adorata ma irraggiungibile amica Gaia, nel bagno della di lei camera, proprio la sera della festa dei suoi diciotto anni. In realtà il lettore lo aveva scoperto molte pagine prima, con l’esilarante episodio dell’ingresso nell’età adulta, avvenuto in terra d’Israele, ovvero la trionfale eiaculazione nelle mutande annusando i piedi della zia Micaela!
“Ebbene, quello spazio tra scarpa e calcagno era per me un luogo metafisico, degno della più assoluta venerazione, d’una nuova mistica: un luogo fuori dal tempo in cui lasciare confluire ogni aspirazione”.
Le storie di Bepi Sonnino (“formidabile collezionista di miti di latta e di platinate fregature”) e di Nanni Cittadini, sodali nella vita prima ancora che soci in affari – almeno fino al tracollo poco virtuoso del primo – scorrono parallelamente e proseguono con quelle dei rispettivi nipoti, i già citati Daniel e Gaia. Attorno si muove una fauna di ricconi, ciascuno con i suoi vizi, le sue debolezze, i suoi tradimenti, “….quella lista selezionata di nomi che le discoteche del tempo si disputavano per accaparrarsi l’esclusiva e assicurarsene la presenza il sabato sera….” e il raffronto sociale assume un’importanza fondamentale: “mentire sulla consistenza patrimoniale e il conto in banca dei tuoi, su prestazioni sportive, sul parco macchine, sui costosi viaggi intrapresi per il mondo, su ragazze avute e verginità compromesse, sulla lunghezza del pene e prestazioni erotiche…Per Dio, bluffare su queste cose era il solo modo per respirare”.
Ma non c’è solo questo. Tutto il libro è pervaso dall’ebraismo della famiglia Sonnino e Daniel, figlio di un ebreo e di una cattolica, divenuto letterato scrive un libro che dice tutto già dal titolo “Tutti gli ebrei antisemiti”.
“Che il sesso era una fissazione sciocca di alcuni ingordi pansessualisti (tutto quel nutrito segmento di arrapatissimi ebrei che unisce Sigmund Freud a Philip Roth cui avrei dato una bella sistemata nel mio libro antisemita)”.
Una saga familiare sotto la quale, gratta gratta, resta poco se non la simpatia per Daniel, vera e propria bomba per scardinare convenzioni e luoghi comuni. E naturalmente resta la scrittura brillante di Alessandro Piperno che con questo romanzo d’esordio nel 2005 aveva vinto il Campiello. Ciò mi conforta nella mia tesi secondo la quale è meglio aspettare qualche anno prima di leggere i libri d’esordio. Non si sa mai che non superino la prova del tempo……. Piperno ci è riuscito.

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