Ho letto “Il soccombente” di Thomas Bernhard

Da un momento all’altro avevo odiato il pianoforte, il mio pianoforte, non ce l’avevo più fatta a sentirmi suonare; non volevo più sbagliare nota sul mio strumento.
Brutta roba l’emulazione, la competizione, l’invidia, soprattutto in campo musicale! Tre giovani talenti si ritrovano a Salisburgo a perfezionare il pianoforte con il celebre Vladimir Horowitz. Due sono ottimi pianisti, ma il terzo è eccezionale: si tratta di Glenn Gould.
E’ stato l’unico virtuoso del pianoforte di fama mondiale che abbia detestato il suo pubblico…
Entrambi non reggono il confronto e, dopo un periodo giovanile felice a contatto con il genio, abbandonano le velleità di un futuro da concertisti e si ritirano nell’ombra. Uno, Wertheimer, che Gould da giovane aveva soprannominato il soccombente intuendone la debolezza, si suicida a cinquantun’anni, subito dopo la morte del grande pianista avvenuta per ictus nel 1982.
Con la morte di Glenn, diceva, il proprio fallimento gli si era presentato alla coscienza con tutta la brutalità di un dato di fatto.
Il terzo, il narrante Bernhard, racconta la vicenda umana del soccombente, dei suoi rapporti con la ricchissima famiglia, e fa ritorno sui luoghi dove avevano vissuto e studiato tutti e tre insieme. Il libro è concepito come una lunga elucubrazione su arte, talento, invidia artistica, tanto che il riferimento più immediato è a Mozart e Salieri.
Il soccombente è un monologo incessante, senza alcun a capo, da leggere quasi senza interruzione, dove i discorsi diretti sono inglobati nella narrazione e riconoscibili soltanto dagli incisi ‘diceva’, ‘pensai’, ‘così lui’ e via dicendo, ripetuti in maniera assillante. Sicché la lettura diventa problematica ma nel contempo affascinante.
…di tutti i bambini che vivono in campagna i maestri dicono che hanno del talento, talento per la musica soprattutto, e in realtà invece non hanno il minimo talento, sono tutti bambini assolutamente privi di qualsiasi talento.
Particolarmente interessanti sono le riflessioni che riguardano la musica ed il suo insegnamento, il pianoforte e la professione di concertista. Soprattutto per chi è del mestiere o comunque si ritiene un appassionato di pianoforte.
Gli artisti non hanno mai cognizione della propria arte. Hanno dell’arte una cognizione dilettantesca, restano a vita legati al dilettantismo, perfino gli artisti più celebri del mondo intero……Per tutta la vita ci sforziamo di evitare il dilettantismo ma esso di continuo ci rincorre e ci raggiunge.
Idee e riflessioni che sono certamente opinabili ma che aprono uno squarcio sui vari aspetti del ‘talento’ e si possono estendere ad altri settori, oltre la musica.
Il novantotto per cento dei giovani che compiono studi superiori di musica entrano nei nostri conservatori con altissime aspettative, e dopo aver portato a termine i loro studi trascorrono decenni e decenni di una vita penosissima facendosi chiamare professori di musica, pensai.
Cupa e poco attraente ci appare l’Austria di Thomas Bernhard – ma questa era l’idea che aveva del suo Paese – assai lontana dagli stereotipi – monti e prati verdi – da cartolina. Libro impegnativo e ricco di imprevedibili e amare visioni della società e della vita. Come questa: Dovunque ci guardiamo intorno, vediamo degli ipocriti che non fanno che dire di vergognarsi del denaro che hanno e che altri non hanno, mentre in fondo è più che naturale che alcuni abbiano del denaro e altri non ne abbiano, e che poi ad un tratto questi ultimi ne abbiano e gli altri viceversa rimangano senza, le cose stanno così e non cambieranno mai.(…) perché in ultima analisi sia gli uni sia gli altri conoscono soltanto l’ipocrisia.
E ora mi è venuta voglia di rivedere il bellissimo film di François Girard Trentadue piccoli film su Glenn Gould (1993).

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