Ho visto “La fuga di Martha”

Qualcosa stona subito nella fattoria abitata da tanti giovani. I ragazzi cenano tutti insieme mentre le ragazze attendono pazientemente il loro turno. Un’organizzazione di vita sessista che stride e appena dopo rivela una sorta di setta pseudoreligiosa diretta da uno svitato che ha diritti e potere su tutti gli adepti. Si comprende quindi il perché della fuga della giovane Martha attraverso i boschi, dapprima inutilmente intercettata da un compagno e che ritroviamo subito dopo nell’elegante casa di villeggiatura della sorella che non vede da due anni. Accudita dalla sorella Lucy e dal cognato Ted, Martha tenta di riprendere in mano la propria vita mentre continui flashback mostrano il suo arrivo alla fattoria, l’ingresso nella setta, la sua ‘purificazione’, le brutalità e le prevaricazioni subite. Tuttavia i rapporti con i due congiunti sono difficili per gli stili di vita ormai troppo diversi ma soprattutto per il riemergere del passato di Martha sotto forma di incubi. Il finale rimane aperto. Mentre Lucy accompagna Martha in una casa di cura, convinta che sia la soluzione migliore per tutti, il terribile e devastante passato ricompare nella testolina della ragazza.
Storia inquietante e film non particolarmente bello ma che ha il merito di aprire uno squarcio su un problema, quello delle sette, molto sentito negli Stati Uniti. Opera prima pluripremiata dell’americano Sean Durkin e debutto per la ventitreenne Elizabeth Olsen. Il titolo originale, Martha Marcy May Marlene, evoca le diverse ‘personalità’ assunte suo malgrado dalla ragazza.

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