Ho letto “Estasi di libertà” di Stefan Zweig

Alla sbarra erariale si annulla l’eterna legge del fare e del trascorrere del tempo. Mentre all’esterno e intorno alle case gli alberi fioriscono e poi appassiscono, i bambini crescono e i vecchi muoiono, le case vanno in rovina e riemergono mutate, l’ufficio ostenta la sua violenza sovrannaturale con la propria eterna immutabilità.
Ho scoperto Stefan Zweig con questo romanzo scovato allo scorso Salone del Libro di Torino, nello stand Barbès Editore. Zweig, autore austriaco molto in voga negli anni Venti e Trenta, ebreo perseguitato dai nazisti ed esiliato a Londra, ha lasciato una vastissima produzione letteraria permeata di sentimenti pacifisti, tra cui questo titolo, tradotto appena ora in italiano. Scritto tra il 1931 e il 1938, quando ormai l’autore era in Inghilterra, è ambientato nell’Austria degli anni seguenti la disfatta della Prima guerra mondiale. Protagonista è Christine, ventotto anni, modesta impiegata delle poste in un paesino a due ore di treno da Vienna. Una vita grama, insieme alla mamma malata, senza alcuna prospettiva per il futuro.  E’ la povertà che rende tutti gli esseri così stanchi e diffidenti.
Ma un nuovo fatto le sconvolge l’esistenza. E’ arrivata in Europa una zia d’America, sorella della madre, che ha fatto fortuna oltreoceano e le propone di raggiungerla in Svizzera, a Pontresina, per un periodo di vacanza. La povera ragazza è soggiogata dall’albergo, dai suoi ricchi ospiti con i quali è costretta a mescolarsi, ma sotto la guida della zia impara ad acconciarsi e a fare la sua figura. La prima parte del romanzo è occupata da una minuziosa, quasi eccessiva, cronaca del soggiorno di Christine in Svizzera, il suo imbarazzo iniziale e poi l’estasi che prova nel trovarsi lontana dalla povertà, la curiosità che ben presto suscita la nuova arrivata e l’invidia per il suo successo tra gli ospiti del grande albergo. 
Solo chi è inquieto aguzza tutti i sensi per mantenere la mente lucida, l’istinto per il pericolo lo rende astuto più della sua naturale intelligenza.

La ragazza è troppo felice per accorgersi che qualcuno trama contro di lei. Le signore la adulano, i giovanotti la corteggiano e ha fatto breccia persino in un anziano Lord inglese.
Con la timidezza data dall’età, con l’insicurezza commovente e delicata di un uomo che ha superato da un pezzo il pericoloso traguardo della cinquantina…..
….I suoi occhi all’improvviso assumono quel timore sottomesso e incerto che gli uomini di una certa età spesso provano di fronte a giovani ragazze….
Il patatrac arriva quando una serpe scopre e rivela la misera estrazione della ragazza. Attorno a lei si fa il vuoto, la zia per lo scandalo abbandona l’albergo e rispedisce la nipote a casa, dove nel frattempo è mancata la madre. Christine, che ha assaporato il bel mondo e non ha fatto in tempo a “conoscere” un uomo, non si capacita del ritorno alla normalità, al suo lavoro dietro lo sportello dell’ufficio postale, pagato una miseria. Per una donna la parola d’onore serve sempre come ringhiera alla quale può aggrapparsi prima di cadere.
La seconda metà del romanzo smette il tono cronachistico e diventa più scorrevole. Compaiono finalmente i discorsi diretti che prima erano annegati dentro una prosa fitta fitta. Durante un fine settimana a Vienna Christine conosce Ferdinand, un coetaneo disoccupato a cui la guerra ha sottratto tutto, in particolare la possibilità di studiare e diventare architetto. Tra i due nasce una naturale simpatia ma è un legame tra disperati che non porta da nessuna parte, se non ad un duplice suicidio.
“Non mi lascio più abbindolare con la storia che gli altri stanno peggio, non mi lascio convincere che io ho avuto “fortuna” perché ho le ossa intere e posso andare in giro senza stampelle.”
Oppure…..In cassa alla posta ci sono tanti scellini….
Estasi di libertà mi ha richiamato E adesso pover’uomo?, scritto da Hans Fallada negli stessi anni. Stessa miseria, stessi giovani senza prospettive. In questo caso è molto più evidente la stratificazione sociale, assolutamente impermeabile, dove non esiste alcun “ascensore” tra i vari livelli. Ma Zweig si scaglia anche contro l’ottusa burocrazia austriaca dell’epoca che inevitabilmente porta alla ribellione i due giovani protagonisti.
Ogni sostanza sopporta una quantità di tensione, oltre la quale non è permesso andare, l’acqua ha il suo punto di ebollizione, i metalli il loro punto di fusione, e anche gli elementi dell’anima non sfuggono a questa legge di natura.
Interessante, infine, la contrapposizione tra l’opulenta Svizzera, rifugio di nobili e ricchi borghesi, che passa indenne tra tutte le guerre e l’Austria debilitata che si appresta a vivere un’altra catastrofe.
Romanzo per signorine, come quelli di una volta?

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