Ho letto “La schiuma dei giorni” di Boris Vian

Sembrerebbe semplicemente demenziale se non lo collocassimo nei giorni fervidi dell’immediato dopoguerra, nell’epoca dell’esistenzialismo e della patafisica. Contestualizzandolo in questo modo La schiuma dei giorni può essere compreso da tutti, anche se io non ci vedo quel romanzo di formazione indicato da molti. In fondo è Daniel Pennac a darne la chiave di lettura nella splendida postfazione del libro. Dice Pennac: …un libro di questo calibro può essere letto più volte, nel corso degli anni, traendone impressioni e suggestioni diverse. A diciott’anni prevale la griglia della passione amorosa, a quaranta quella della critica sociale, a sessanta quella del pessimismo della tragedia che tutto annulla. Appunto il pessimismo è quello che progressivamente prevale, dopo pagine e pagine divertenti, folli e surreali, nelle quali Vian dà sfogo alle sue passioni (il jazz, le ricette) e alla sua inventiva (in fondo fu anche ingegnere), ad iniziare da quella genialata del “pianocktail”. http://www.youtube.com/watch?v=dnHEDpsNmrU
La stralunata storia d’amore tra Colin e Chloé ha i giorni contati. Nei polmoni della ragazza si annida un male terribile ma descritto come una ninfea. Invenzione straordinaria è l’appartamento che, mentre il benestante Colin che non ha mai lavorato in vita sua è costretto a provare i lavori più strampalati, fisicamente si restringe al progredire della malattia della moglie. La pagina finale è dedicata al topo “di famiglia” che non riesce a sopportare il dolore di Colin per la scomparsa della donna amata. Cosa c’è di meglio allora che chiedere aiuto ad un gatto per far suicidare un topo?
“Mettimi la testa tra le fauci” disse il gatto “e aspetta”.
“Può essere una cosa lunga?” domandò il topo.
“Solo il tempo necessario perché qualcuno mi pesti la coda” disse il gatto. “Ho bisogno di avere un riflesso istantaneo”.

Saranno undici ragazzine cieche dell’orfanotrofio a passare sulla folta coda srotolata. Ma prima Vian aveva in serbo ancora uno sberleffo. Inizialmente il topo ritrae il capino dicendo al gatto “ma che cosa ti sei mangiato stamattina, pescecane?”.
Romanzo ricco di innovazioni lingustiche, di giochi di parole che il bravo traduttore cerca di rendere al meglio, anche con spiegazioni a piè di pagina. Ad esempio l’amico Sartre a lungo citato, nel libro diventa Jean-Sol Partre.
Nel 1968 ne è stato tratto un film con Jacques Perrin e Marie-France Pisier.
Solo due cose contano: l’amore, in tutte le sue forme, con ragazze carine, e la musica di New Orleans o di Duke Ellington. Il resto sarebbe meglio che sparisse, perché il resto è brutto. (Boris Vian)

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