Ho letto “La casa di ringhiera” di Francesco Recami

Più che un giallo (anche se in effetti ne ha molte caratteristiche) è una commedia degli equivoci. Che poi è una cifra della produzione letteraria di Francesco Recami (sono al suo terzo libro). “La casa di ringhiera” è uscito da pochi giorni e l’ho cotto e mangiato subito. Questa volta abbandona la sua Toscana e ci porta a Milano in una casa di ringhiera caratterizzata da un mix sociale: famiglie in crisi, coppiette che scoppiano, single, vedovi, ricche pensionate. Dietro ogni porta affacciata sulla ringhiera si nascondono storie e problemi mentre il cortile diventa una sorta di palcoscenico dove esplodono le difficoltà della convivenza, anche solo per un veicolo parcheggiato male. Amedeo Consonni è un attempato vedovo con la passione per i delitti, nel senso che ritaglia, cataloga e colleziona articoli di giornale che trattano la materia. Di conseguenza è anche curioso e ficcanaso. Ma non voglio togliere il gusto di una lettura divertente. Recami dà il meglio a metà del libro quando c’è un accumulo irresistibile di elementi noir. Un groviglio che si dipana velocemente nel finale lasciando intravvedere la struttura di una pochade alla Feydeau, ma molto più italica e ovviamente moderna. Peccato per quella frase finale – “Intanto nella cella frigo…” – che ci lascia in bocca il gusto di qualcosa che deve ancora accadere. Ma è un vezzo che gli perdoniamo volentieri, in attesa del prossimo libro.

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