Ho visto “E’ viva la Torre di Pisa” di Daniele Segre

Guai a definirlo ‘documentario’! Perché il sessantenne regista torinese Daniele Segre si inalbera. In effetti è un film a tutto tondo, la cui collocazione non è ancora ben definita: il circuito dei festival, possibilmente su tematiche culturali oppure la vendita a reti televisive, soprattutto straniere, perché “E’ viva la Torre di Pisa” può diventare un grande veicolo promozionale del patrimonio artistico nazionale. Oppure ancora – e qui il fumantino Segre – è molto tentato, provare la strada delle sale cinematografiche. Intanto il film ha mosso i primi passi da Torino, con un prestigioso invito al 64° Prix Italia, dove ha raccolto, fra gli altri, gli elogi del critico d’arte Philppe Daverio. L’eclettico conduttore di “Passepartout” è rimasto incantato dalla proiezione e ha definito il film ‘un piccolo capolavoro’, scomodando nientemeno che il regista russo Aleksandr Sokurov e il suo capolavoro “Arca russa”. “Rispetto al quale, un unico piano sequenza di 96 minuti,” ha detto “il film di Segre è speculare e rovesciato per la maniacale cura di mille inquadrature diverse”.
In quasi 70 minuti Segre condensa emozioni e ha ragione da vendere nel rigettare l’etichetta del documentario, perché è zeppo di storie di persone vere. Turisti soprattutto, ma anche pisani. Tutti così spontanei che paiono recitare, tutti contattati e preparati nel giro di pochi minuti al momento delle riprese, con risultati incredibili. Le microstorie di coppie e di gruppi danno un quadro di grande vivacità e nello stesso tempo di serenità della piazza e si contrappongono all’austerità dei marmi del Duomo, del Battistero, della Torre e del Campo Santo che Daniele Segre riprende nell’arco delle quattro stagioni e monta con ironia.
Ad intervalli, su fondo nero e con voce fuori campo, l’attore Antonello Fassari interpreta brevi testi tratti da opere di scrittori che furono incantati da Pisa, da Maupassant a Mark Twain, a Herman Hesse.
Anche se l’autore non vuol sentire parlare di svolta nella sua filmografia, non può non restare sorpreso chi è abituato a pensare Segre come regista di film sul lavoro (non a caso Feltrinelli ha recentemente mandato in libreria un cofanetto con quattro dvd: “Sic Fiat Italia” del 2008 e “Morire di lavoro” del 2011, oltre a “Dinamite” e “Asuba de su serbatoiu”, realizzati in Sardegna rispettivamente 18 e 12 anni fa tra i minatori della Carbonsulcis e tra gli operai della Nuova Scaini di Villacidro resistenti alla smobilitazione e alla prospettiva di licenziamento, temi purtroppo di drammatica attualità ancora oggi).
Questo è tutt’altra cosa: nulla di didascalico, né di smaccatamente turistico. E Segre si è divertito molto a realizzarlo. Una produzione I Cammelli, la società fondata trent’anni fa dall’autore, che si è accollata quasi totalmente i costi.

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