Ho visto “¡Vivan las Antipodas!”

Non correte a cercarlo al cinema. E neppure in videoteca tra i dvd. Perché questo film è stato proiettato solo ai festival (ha vinto il Trentofilmfestival, era passato fuori concorso a Venezia 2011) e le possibilità di essere visto da un pubblico più vasto in Italia sono legate alla coraggiosa Stefilm International, casa di produzione e distribuzione torinese che ne ha acquisito i diritti per il nostro Paese.
“¡Vivan las Antipodas!” è un documentario di 100 minuti, una coproduzione Germania-Argentina realizzata dal regista russo Victor Kossakovsky. Il lavoro prende lo spunto da un banale interrogativo: cosa trovo dall’altro capo del pianeta, se traccio una retta che parte dai miei piedi e passa per il centro della terra? Ne è nato un film geniale e ruffiano allo stesso tempo.
Poiché i due terzi della terra sono coperti dall’acqua, sono relativamente pochi i luoghi che hanno un antipode su terraferma. Kossakovsky nel suo lavoro ne fa convivere quattro: Entre Rios (Argentina) con Shanghai; la Patagonia (Cile) con le sponde del lago Bajkal (Russia); in tutta l’Europa solo la Spagna ha un paese agli antipodi, la Nuova Zelanda; gli Stati Uniti hanno solo uno stato, le Hawaii, che ha agli antipodi il Botswana, a sua volta l’unico paese africano ad avere una terra agli antipodi.
A Entre Rios padre e figlio gestiscono una sorta di ponte di barche e vivono facendo pagare un piccolo pedaggio alle auto che vogliono guadare il fiume. L’immagine si capovolge e dall’altra parte c’è Shanghai con le sue fabbriche, il traffico mefitico e la gente che protegge la respirazione con sciarpe e maschere.
Nuova situazione. Siamo in Patagonia dove viene allevato un gregge di pecore e le immagini ci portano alla tosatura. Centinaia di pecore e ognuna ha un nome. Il corrispettivo è una bellissima landa sul Bajkal dove vivono serenamente di piccola agricoltura una madre e sua figlia adolescente. “Se rinasco voglio essere acqua e non reincarnarmi in un animale” dice la ragazza. E via uno struggente canto popolare russo.
La maccchina da presa ruota ancora di 180° per riposizionarsi poi sul suo asse naturale, in un susseguirsi di immagini suggestive del pianeta che ricordano il capolavoro di Godfrey Reggio, “Koyaanisqatsi” (1982). Qualche eccesso naturalistico, in particolare in Botswana, è tollerato, perché il pianeta è anche questo e non solo quello più o meno antropizzato.
Il documentario ha pochissimi dialoghi che sono lasciati nelle lingue dei rispettivi paesi, spagnolo, inglese, aborigeno, russo, shanghaiese e tswana. In compenso, grande musica sottolinea parecchie immagini, a cominciare dagli argentini Los Hermanos Cuestas, Monchito Merlo, Peteco Carabajal, dove la fisarmonica, come nel folklore russo, fa da padrone.
Budget di 1.500.000 euro, film stupendo.

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1 risposta a Ho visto “¡Vivan las Antipodas!”

  1. Alessandro Signetto scrive:

    Appena un numero congruo di persone avrà visto questo straordinario film visionario, svelerò (a loro soltanto, si capisce…) un segreto che fa capire come Victor è un grandissimo regista e un grandissimo para…o !!!!

    Forza Stefilm, datevi da fare con le vendite !!!

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