Ho letto “A Mosca, a Mosca!” di Serena Vitale

Per me è un libro di ricordi e di rimpianti. Miei. E spiego perché. Cominciamo dai rimpianti. Serena Vitale mi ha fatto capire come sarebbe stata la mia vita se a una laurea in lingua e letteratura russa – presa per amore e solo per amore dei grandi scrittori russi – avessi fatto seguire una svolta professionale in quella direzione. Che so, continuando a lavorare in Fiat visto che già mi occupavo di mercati esteri (erano gli anni Settanta) o più avanti se fossi diventato corrispondente da Mosca per qualche testata, come avevo sognato dopo aver intrapreso la strada del giornalismo. Niente di tutto ciò, altrimenti alcune delle esperienze raccontate nel libro le avrei vissute anch’io. Invece toccavano a quei funzionari Fiat che facevano la spola con Togliattigrad e ai papaveri del PCI piemontese che erano miei compagni di classe ai corsi di Italia-Urss.
Serena Vitale mi ha fatto rivivere quegli anni e ricordare Lotman e Šklovskij, i miei cari formalisti russi, l’adorato Puškin a cui avevo dedicato la tesi e di cui la slavista è inarrivabile studiosa. Ritrovo così una terminologia che era obbligatorio imparare sui manuali di lingua russa per stranieri all’epoca del regime (ofitziantka, univermag, kommandirovka….chissà se si usano ancora), mi sovvengono testi e autori che avevo dimenticato.
Pagina dopo pagina di questa autobiografia (quarant’anni di soggiorni moscoviti) emerge tutto l’amore dell’autrice per Mosca e per la cultura russa. Nonostante il regime, la scaristà del cibo, la paura del gulag, la delazione divenuta pratica diffusa. E infatti su questo suo amore viscerale le dice il suo amico Aljiosha: “che accidenti ti piace nel Paese dove non esiste la disoccupazione ma nessuno lavora, dove nessuno lavora ma il piano di produzione viene realizzato, il piano viene realizzato ma nei negozi non c’è nulla, nei negozi non c’è nulla ma da mangiare non manca, eccetera?”
Nonostante non manchino i passaggi drammatici tutto il libro è pervaso da un’amara ironia, come il tormentone del salame doktorskaja. “Un Istituto di Ricerca chiuso……..Secondo me era una fabbrica di salame, segreta solo perché la gente non sapesse quali schifezze ci mettevano dentro”.
Qualcosa avevo ascoltato della sua presentazione al Salone del Libro di quest’anno e quelle poche anticipazioni avevano accresciuto la mia voglia di leggerlo. Nel frattempo mi era capitato di leggere Kotik Letaev di Andrej Belyj scoprendo che la bella traduzione (1973) era opera di una giovane Serena Vitale. E allora eccomi qui.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Libri. Contrassegna il permalink.

2 risposte a Ho letto “A Mosca, a Mosca!” di Serena Vitale

  1. serena vitale scrive:

    Provo con questo indirizzo – il suo non funziona….
    Grazie a lei, gentile Riccardo Caldara, attentissimo lettore . Mi ha fatto molto piacere anche quello che ha scritto nel suo blog.
    Non abbandoni la letteratura russa, la prego!
    Cordialmente,
    sua
    Serena Vitale

  2. riccardo scrive:

    Grazie a lei, gentile Riccardo Caldara, attentissimo lettore . Mi ha fatto molto piacere anche quello che ha scritto nel suo blog.
    Non abbandoni la letteratura russa, la prego!
    Cordialmente,
    sua
    Serena Vitale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*