Ho visitato il Castello Gamba a Châtillon

A un profano può anche dire nulla, perché non è tra i castelli più noti e visitati della Valle d’Aosta. Ora però lo si può visitare: la Regione Valle d’Aosta vi ha esposto le sue collezioni d’arte moderna e contemporanea, che ha raccolto nel corso dei decenni a partire dal 1948, guarda caso anno in cui a Saint-Vincent era nato il Premio per le Arti Figurative, poi durato solo qualche anno. Situato sullo sperone roccioso Crêt-de-Breil a Châtillon, il castello Gamba fu costruito tra il 1901 e il 1903 dal barone torinese Carlo Maurizio Gamba, come omaggio alla sposa, Angélique Passerin d’Entrèves, originaria di quei luoghi. Scomparso Gamba nel 1928, il maniero passò alla famiglia di Angelica e nel 1982 alla Regione. Da subito l’idea fu quella di impiantarvi un museo d’arte moderna, ma i lavori di restauro e la successiva trasformazione in sede espositiva sono durati decenni. Però ne è valsa la pena: il risultato è a dir poco spettacolare.
Spettacolare è l’arrivo al castello, con il suo grande parco di piante secolari. Davanti all’ingresso troneggia una sequoia di 120 anni, 37 metri di altezza e una circonferenza di sette metri. Spettacolare è anche il panorama che si gode sulla media valle dalla balconata naturale sullo strapiombo e poi letteralmente a 360° dalla torretta-belvedere che ospita le mostre temporanee.
La raccolta è disposta in sedici sale finemente allestite su tre livelli. Si parte da una sala di vedute della Valle dove non poteva mancare un dipinto di William Turner (Castello sulle Alpi) del 1838. Una grande sala è dedicata ai maestri della scultura italiana (Manzù, Martini, Minguzzi, Mastroianni, Giò Pomodoro….). Due sono dedicate agli artisti torinesi della seconda metà del Novecento (Carol Rama, Soffiantino, Francesco Casorati, Chessa, Tabusso, Nespolo…..) e una alla pittura italiana del XX secolo (Carrà, Felice Casorati, De Pisis, Dorfles, Carlo Levi, Spazzapan…..). Altre sale sono dedicate all’astrattismo, alla pop art, alla transavanguardia, al nuovo espressionismo. Nutritissima è la rappresentanza di artisti valdostani, dal massimo esponente della pittura locale, Italo Mus, a cui è dedicata l’esposizione temporanea, ai vari Balan, Bulgarelli, Chabod, Nex…..
Molte opere presenti sono state acquisite nel 1984 direttamente dalla collezione del Casino di Saint-Vincent. Per me si è aperta una pagina di ricordi.
Il bronzo di Luciano Minguzzi, “Due figure” (1974), che accoglie i visitatori all’esterno del castello, era nella hall del casinò. Molti dei dipinti di Italo Mus erano appesi, insieme ad altri (ricordo i fiori di Romano Gazzera), nel corridoio degli uffici, all’ultimo piano dell’edificio. Qui a fianco, “Coro valdostano” (1947), di Italo Mus.
Ma il più eclatante, era senza dubbio “La distruzione di Sodoma” (1969) di Renato Guttuso. Un’enorme doppia tela che accoglieva i giocatori del Casinò dopo la prima rampa di scale. Impossibile non notarlo. Quei rossi accesi e quei sederi femminili nudi incombevano dall’alto su chiunque si avventurasse verso la sala giochi. Ogni volta che passavo di lì mi veniva in mente il prevosto di Gipo Farassino (“le ciapasse anvische”).

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