Ho letto “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron

I pensieri sono più veri quando vengono pensati, esprimerli li distorce o li diluisce, la cosa migliore è che restino nell’hangar buio della mente, nel suo clima controllato, perché l’aria e la luce possono alterarli come una pellicola esposta accidentalmente.
Il titolo non deve trarre in inganno. Se avete pensato a una storia melensa e strappalacrime siete fuori strada. In realtà è un libro divertente e insieme delicato. Per me una vera sorpresa, un gioiellino. Dopo poche pagine mi sono accorto di avere di fronte un novello giovane Holden. Come il protagonista del romanzo di Salinger, anche James è un adolescente di famiglia benestante che vive a New York. E’ un ragazzo inquieto come lo è la maggior parte dei giovani di oggi e alla sua maturazione non giovano certo gli squinternati genitori. Sono divorziati da tempo, il papà è un ricco finanziere e la mamma, che ha collezionato un matrimonio dietro l’altro, è proprietaria di una galleria d’arte.
Le reazioni dei genitori alle trasgressioni di James arrivano molto in differita, perché papà e mamma devono incontrarsi e mettersi d’accordo, e siccome non amano incontrarsi e di solito non sono d’accordo, va a finire che il tempo passa. Su una cosa però concordano, James deve andare alla prestigiosa università che loro gli hanno scelto. Ma lui si oppone: vivrebbe solo di libri e di mostre. E’ un lettore compulsivo di Anthony Trollope, ascolta musiche di Respighi, si incanta davanti ai quadri di Thomas Cole e ha idee precise in fatto d’arte: “Io odio la Cappella Sistina. Odio che Michelangelo abbia sprecato il suo talento per arruffianarsi la chiesa cattolica”.
Nel tentativo di rimetterlo in carreggiata i genitori lo hanno anche mandato in uno di quei campi estivi ….dove si cerca di raddrizzare gli adolescenti gravemente problematici grazie alle meraviglie del lavoro manuale e della natura. Anche il motto del campo era sinistro: “Sii forte e paziente; un giorno questo dolore ti sarà utile”. Di qui, ovviamente, il titolo.
James ha un rapporto d’amore e odio con la sorella Gillian, adora la nonna materna che vive fuori città e da cui si rifugia per confidarsi e riflettere. Evita i rapporti con l’altro sesso, ha una vaga – e di cui non è ancora conscio – tendenza all’omosessualità, ma soprattutto detesta la gente, tutta la gente, e ha un’indole solitaria. Emblematica la scena in cui si ritrova ad una cena di gala che raccoglie i migliori virgulti di buona famiglia d’America.
Ho imparato subito che per me era molto più facile mettermi a un tavolo per primo e lasciare che fossero gli altri a sedersi vicino a me, perché non ero assolutamente in grado di sedermi a un tavolo dove c’era già qualcuno. Lo so che se mi siedo vicino a qualcuno in un ristorante non è che devo sposarlo o imporgli la mia presenza per sempre, ma sentivo comunque una terribile costrizione a essergli simpatico o almeno ad aprir bocca, e questa ansia mi paralizzava. Invece se ero già seduto lì la tensione si diluiva, perché non mi pareva di imporre la mia presenza ma semmai di accettare (o subire) quella di un altro.
Poc’anzi ho parlato di scena non a caso. Il regista torinese Roberto Faenza (Copkiller, Sostiene Pereira, Marianna Ucrìa, I giorni dell’abbandono, Silvio Forever…..) ne ha tratto un film che sarò molto curioso di vedere. Girato nel 2010 a New York, ovviamente, è pronto da tempo. Pareva dovesse andare a Venezia 2011, invece è stato scelto per il Festival di Roma.
Da un altro libro di Peter Cameron (che non ho letto) è stato tratto il bellissimo film (che ho visto) di James Ivory, Una sera dorata.
Per tornare al nostro amico James Sveck, in colloqui diversi papà e mamma cercano di capire le sue intenzioni e anche le sue tendenze. Divertenti sono le sedute dalla psicanalista da cui la mamma lo spedisce come pure le prese in giro di alcuni stereotipi della vita moderna: il ‘life coach’, il ‘self help’, le chat per adescare un partner, i saggi dal titolo diviso coi due punti Bla bla: Il bla bla bla del bla bla bla, le gallerie d’arte contemporanea: La gente adorava trattare quelle opere d’arte da 16 mila dollari come normali pattumiere, il che rispecchiava esattamente i desideri dell’artista su come l’utente deve ‘interfacciare’ con le sue opere.
Un’ultima curiosità. A New York in casa dei signori Sveck si beve birra Peroni, chissà perché….
Odio quando qualcuno dice ‘capisco’. Non significa nulla ed è vagamente aggressivo. Ogni volta che lo sento in realtà mi suona come un ‘vaffanculo’.

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