Ho letto “La preda” di Irène Némirovsky

….versarono nei bicchieri lo champagne, così vecchio che non aveva quasi più bollicine e il cui colore paglierino virava al rosa. Il grammofono suonava.
Seguiamo con curiosità le vicende del giovane Jean-Luc Daguerne, la sua parabola adolescenziale, la sua voglia di crescere in fretta lasciandosi alle spalle una famiglia dalla quale non è lecito attendersi alcuna prospettiva.
Alcuni suoi gesti erano ancora da adolescente, ma lo sguardo aveva l’audacia e il fulgore di uno sguardo adulto, da uomo.
Jean-Luc ha un amico del cuore, Serge Dourdan, con il quale condivide i sogni di gioventù e soprattutto una misera garçonnière nella quale portano alternativamente le rispettive fidanzate, badando bene a non mescolare le conoscenze al fine di salvaguardare l’amicizia. Edith, la ragazza di Jean-Luc, è figlia di un ricco banchiere, Abel Sarlat, e destinata in sposa ad un rampollo di ancora più ricca famiglia. Duresne però combatte, fa saltare il matrimonio già combinato e mette incinta la ragazza.
Era giovane! Avrebbe voluto tendere le braccia e gridare: “Grazie, giovinezza…..”
Messi di fronte al fatto compiuto, i Sarlat cercano dapprima di convincere il ragazzo a ritirare le sue pretese in cambio di un congruo pacco di bigliettoni, poi accondiscendono al matrimonio riparatore, tenendo però la giovane coppia ai margini della famiglia.
…in Europa, in quell’autunno del 1933, l’intelligenza veniva venduta a salari da fame.
I due vivono in ristrettezze. Jean-Luc si arrabatta con mille mestieri, portando a casa poco e niente. Intanto si avvicina il parto e Jean-Luc continua a sognare un ingresso in società che fino a quel momento gli è stato precluso.
Poteva mai dire al padre che quello di cui andava in cerca non era il denaro, ma l’accesso ad un mondo che dispensa tutti i beni della vita?
Quando il bimbo nasce i rapporti tra Edith e Duresne sono ormai irrimediabilmente guastati. Per di più, nella stessa notte, Abel Sarlat si suicida per un tracollo finanziario pesantissimo che rischia di mettere in ginocchio lo stesso governo francese.
Tutto si mercanteggiava nel segno dell’amicizia, della fiducia, dei favori dati e ricevuti, e così facilmente….. Con una parola, un sorriso, un’alzata di spalle, degli imbecilli venivano portati alle stelle, dei ladri perdonati e uomini senza virtù né intelligenza forniti di laute prebende.
Con la caparbietà e la voglia di arrivare che gli sono proprie, Jean-Luc Duresne attiva dei rapporti politici con le persone che aveva conosciuto nel salotto dei Sarlat. Uno di questi è il ministro Langon, che Jean-Luc con i suoi maneggi riesce a salvare dal vortice del fallimento del suocero. Per riconoscenza è promosso suo portaborse personale e per lui inizia una nuova vita, quella che aveva sempre sognato.
Il successo, quando è lontano, ha la bellezza del sogno, ma non appena si trasferisce sul piano della realtà appare sordido e meschino.
C’è ancora altro nella parabola del ragazzo che però è bene non svelare per non togliere il gusto di una piacevole lettura, come è sempre negli scritti di Irène Némirovsky.
“La preda” è perfettamente in linea con gli altri suoi libri. Ciò che apprezzo maggiormente in lei è la capacità di tratteggiare magistralmente i tracolli, sia i fallimenti di carattere finanziario, sia quelli nei rapporti amorosi. Il denaro è sempre centrale nei suoi romanzi e il rovescio economico sempre alle porte. In più, qui c’è la politica che si mescola alla finanza. Non è un bel mondo, quello al quale Jean-Luc vuole ostinatamente accedere. E la Francia degli anni Trenta assomiglia maledettamente all’Italia della prima, seconda (e terza?) Repubblica.
Certi uomini, abituati a dominare, non perdono la speranza neanche davanti a un evento irreparabile, neanche davanti alla morte.

P.S. Ho colto un refuso nel risvolto di copertina, dove Jean-Luc è diventato Jean-Louis. Anche gli Adelphi sbagliano.

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