Ho letto “La fata delle Briciole” di Charles Nodier

Il fatto è che per interessare a un racconto fantastico bisogna anzitutto farsi credere, e condizione indispensabile per farsi credere è crederci. Adempiuta questa condizione, ci si può arditamente lanciare a dire tutto ciò che si vuole.

Lascio perdere tutte le implicazioni che una frase come questa, contenuta nell’introduzione (1832 !), può avere nella vita (e nella politica) di oggi. E’ solo per dire quanto è attuale questo romanzo di Charles Nodier (1780-1844), bibliotecario e bibliofilo prima ancora che romanziere innovatore del romanticismo francese.
Siamo dunque in piena epoca romantica come si evince dai moltissimi accadimenti ‘noir’ nella storia. La fata in questione è una vecchia nana mendicante che vive sotto le mura di Granville, Normandia. In realtà si tratta di Belkiss, la bellissima e purtroppo millenaria regina di Saba. A lei si è votato, generosamente e fedelmente, il giovane carpentiere Michel.
La curva stretta e nera delle sue sopracciglia perfettamente arcuate non aveva certamente mai ceduto sotto il peso di un rimorso, ma che dico, sotto una di quelle inquietudini passeggere della coscienza che turbano persino il riposo legittimo della virtù.
Il giovane si sottopone a tutti i suoi voleri e vive avventure mirabolanti, fino ad arrivare alla soglia del patibolo. Per inciso, aveva rifiutato le più belle ragazze e i migliori partiti del luogo per restare fedele alla vecchia.
Sognavo poco a quell’epoca; o meglio, avevo l’impressione che la facoltà di sognare avesse subìto in me una trasformazione. Mi sembrava che si fosse trasferita dalle impressioni del sonno a quelle della vita reale, e che quivi si fosse rifugiata colle sue illusioni.
La missione che gli sarà fatale è la ricerca di un’erba tanto prodigiosa quanto inesistente: la mandragora che canta. Per sei mesi si sbatte nella sua ricerca, tra la Normandia e la bassa Inghilterra. Alla fine viene ritenuto pazzo, anzi “lunatico” e rinchiuso in manicomio. E’ da lì che narra la sua triste storia.
Ragazzo buono e onesto, Michel incarna la tipologia di tutte le persone rese cieche dall’amore. Attraverso la sua storia Nodier ci dispensa massime che sono vecchie di secoli ma sempre attuali.

L’unica fortuna solida è quella che l’uomo deve al suo lavoro e alla sua industriosità, e che amministra e conserva con la sua buona condotta: quella che riceve dal caso della nascita appartiene sempre al caso.
Il possesso di un oro superfluo non tenta la mia ambizione.

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