Ho letto “Le signorine di Concarneau” di Georges Simenon

Era la prima volta che guidava di sera, nell’oscurità, e i suoi stessi fari lo mettevano in apprensione. Innanzitutto perché trasformavano il paesaggio, gli oggetti, e perfino gli uomini, al punto di rendere l’universo irriconoscibile.
Jules Guérec, quarantenne scapolo, vive con due sorelle non sposate, mentre una terza è maritata con un funzionario della gendarmeria. Sono gli eredi di una famiglia benestante, che vive grazie a due pescherecci di proprietà e a un emporio dove si vende di tutto. Le due zitelle accudiscono morbosamente Jules che non riesce quasi a sfuggire alla loro sorveglianza, chiamato com’è a rendere conto di cosa fa, dove va e quanto spende.
“Non stai bene con noi, Jules? Non ci siamo sempre prese cura di te, meglio di qualsiasi moglie? Credi di poter essere altrettanto felice altrove?”
Da quell’atmosfera soffocante riesce talvolta a fuggire per accompagnarsi a qualche ‘signorina’ provocante che arriva da Parigi per tirare su un po’ di franchi in Bretagna. Ma poi è oppresso dai sensi di colpa, deve inventare qualche scusa per le sorelle dopo essersi ingegnato a sottrarre loro dei soldi. Accade così che una sera tornando a casa in auto da Quimper, alle prese con le scuse da inventare, non si avvede di un bambino che attraversa la strada e lo investe. Senza neppure fermarsi.
I giorni che seguono sono terribili. Dai giornali apprende che una testimone potrebbe aver visto l’incidente, intanto il bambino muore dopo qualche giorno di ospedale. Lo strano comportamento di Jules da quel giorno preoccupa le sorelle e inizia a incidere sul ménage familiare.
Sentì tintinnare il campanello. Era quello che sottolineava tutti i piccoli fatti della vita domestica. Un suono lieve quando la porta si apriva… Uno più grave e prolungato quando si richiudeva…
Guérec vive con il suo tragico segreto ma vorrebbe sapere di più della famiglia del bambino, figlio di Marie Papin, ragazza madre che ha anche un altro pargolo e che vive in ristrettezze. Inizia a frequentarla e ad aiutarla. Ingaggia il fratello ritardato per il suo peschereccio, porta regali al bambino e in breve corteggia apertamente la donna provocando il risentimento delle sue sorelle. Che sono due vere iene e sospettano che l’improvviso ardore del fratello nei confronti della popolana nasconda qualcosa di losco. Messo alle strette dal loro pressante terzo grado, il povero Guérec è costretto a confessare.
Pioveva ancora, ma era una pioggia così sottile, così regolare, così monotona, che l’acqua non sembrava cadere dal cielo. Era come in sospensione nell’aria, un pulviscolo bagnato che collegava il selciato con le nuvole.
E a questo punto Céline, la minore e più intraprendente delle due, prende in mano la situazione e per Jules Guérec è la fine dei suoi sogni amorosi. Ma non finisce lì, Simenon riserva ancora qualche sorpresa.
…attraversò la città, prese la strada di Beuzec, continuò a camminare lungo la spiaggia dei Sables-Blancs fiancheggiata di ville deserte.
Ho comprato il libro appena uscito perché conosco bene Concarneau, arrondissement di Quimper, dipartimento del Finistère, porto tra i più importanti di Francia per la pesca del tonno e delle sardine: la Ville close, l’asta del pesce, la festa di Ferragosto dei Filets Bleus, le strade che si dipartono verso Benodet, Quimper, Rosporden, Pont-Aven. Ho nuotato alla spiaggia Sables-Blancs, ho fatto jogging lungo i ‘quai’ che circondano il centro, ho assistito alla criée del pescato. Il romanzo è stato pubblicato nel 1935. Suppongo che molto sia cambiato da allora nella cittadina, di sicuro non le atmosfere, che ho ritrovato nelle pagine identiche a oggi.
I venti avevano cambiato direzione, spazzando via la neve, e ora la burrasca soffiava giorno e notte da sudovest, scagliando rovesci d’acqua sulla città, lanciando il mare all’assalto delle banchine e facendo cozzare i battelli nel porto con tale violenza che si era dovuto prendere delle precauzioni per impedire che si sfasciassero.

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