Ho letto “La collina del vento” di Carmine Abate

“Il mio caro papà che certi giorni sembra inseguirmi nella folla e, quando mi giro, lui non c’è e al suo posto vedo la scia di uno sguardo vivo che sparisce in un attimo”.
Saga familiare attraverso quattro generazioni, dalla vigilia della Grande Guerra, attraverso il fascismo, fino al secondo dopoguerra, dalla formazione dei grandi latifondi all’inizio delle speculazioni edilizie per favorire il turismo. Tra i due estremi ci sono le persone, il ciclo delle loro vite, le aspirazioni, la lotta strenua per conservare e tramandare le tradizioni, ma soprattutto c’è la natura, da difendere con tutte le forze. Una natura aspra e selvaggia che, se violentata, è capace di rivoltarsi contro l’uomo. Siamo nella Calabria jonica, nei pressi di Cirò Marina, sul Rossarco, la collina che dà origine al titolo del romanzo, che a più riprese è diventata proprietà della famiglia Arcuri. A raccontarne la storia è un giovane discendente di quarta generazione, da tempo stabilitosi al nord, ma comunque erede e custode della storia e dei segreti di famiglia, anche quelli più oscuri, che sarebbe opportuno lasciare nascosti sotto le rocce e l’erba della collina. Storie e segreti che probabilmente attraverso i decenni si sono sedimentati in ogni famiglia di origine contadina. Carmine Abate in parte attinge dalla storia della sua famiglia e del suo paese, un po’, da buon romanziere, inventa e drammatizza.
Il risultato è un libro appena discreto, che non mi ha intrigato né emozionato particolarmente e neppure mi ha messo la curiosità di quei luoghi. Nella vicenda si intersecano però due personaggi realmente esistiti, l’archeologo Paolo Orsi e il politico antifascista e meridionalista Umberto Zanotti-Bianco, di cui ho voluto approfondire le interessanti vicende (a Paolo Orsi, ad esempio, è intitolato il Museo Archeologico di Siracusa). La loro presenza nel romanzo ruota attorno al sito archeologico di Krimisa, antica città della Magna Grecia, ubicata nella zona di Cirò e oggetto degli intensi studi e delle ricerche di Orsi, proprio sul Rossarco nella proprietà della famiglia Arcuri.
Altra particolarità è il linguaggio dei personaggi (non avevo letto ancora nulla di Carmine Abate) ricco di espressioni dialettali originali o italianizzate.
“Sanizzi erano. Mai una malattia, mai una freva. Spaccavano le noci con i denti janchi come mèndule fresche, avevano bocche da vasare giorno e notte”.
La collina del vento ha vinto il Premio Campiello 2012 e mi conferma l’inutilità dei premi letterari. O almeno, come sostengo sempre, bisognerebbe far sedimentare qualche anno i libri che vincono (o che partecipano), per vedere se resistono alla prova del tempo. Troppi esempi dicono che non è così.

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1 risposta a Ho letto “La collina del vento” di Carmine Abate

  1. Ernesto Scura scrive:

    Caro Professor Cacciari,
    oso tediarla, ancora una volta,con l’ormai stucchevole tema de
    “la collina del vento”.
    Mi creda,ne vale la pena.Finalmente ho capito perchè Tomasi di
    Lampedusa morì senza “sapere” di essere un grande scrittore:
    perchè così aveva deciso il “compagno” Elio Vittorini che gli negò
    l’onore della pubblicazione.
    E finalmente ho capito perchè un abatino di Carfizzi assurge agli
    onori del “Campiello”,perchè così ha deciso,un’allegra compagnia di distratti giurati.
    E forse ho capito anche perchè tanti accademici di consolidata fama commettono,tutti allineati e coperti,lo stesso errore,elevando agli onori della “santificazione” un modesto “abatino”.
    Ora,mi permetto rivolgerle,retoricamente,qualche domanda.
    Le chiedo: SI PUÒ IMMAGINARE CHE NEGLI ANNI TRENTA,
    UN MAFIOSO, DON LICO,NOVELLO DON RODRIGO, S’INVAGHISCE DI UNA COLLINA, NEMMENO FOSSE LA
    PUDICA LUCIA DEI PROMESSI SPOSI,METTENDO IN ATTO
    LE STESSE NEFANDEZZE RACCONTATE DAL MANZONI, PUR DI …POSSEDERLA?
    IO NON SO QUANTO AFFASCINANTE FOSSE QUELLA LUCIA , SO PER CERTO QUANTO INOSPITALI,ARIDE E INCOLTIVABIILI SONO QUELLE ARIDE  COLLINE CALABRESI,RICCHE SOLO DI CESPUGLI ESTERPAGLIE,TRABURRONI, CALANCHI,DIRUPI E ARGILLE.
    NON CAPISCO PROPRIO CHE CAVOLO DOVEVA FARSENE
    DON LICO.
    AH,GIÀ,LE PALE EOLICHE !
    MA,UN MOMENTO,NEGLI ANNI TRENTA PECORARO SCANIO NON ERA ANCORA,NEMMENO NATO.COME FACEVA DON LICO A SAPERE,OTTANT’ANNI PRIMA,CHE IL VALORE INTRINSECO
    DI QUELLE TERRE NON ERANO LE PECORE CHE VI PASCEVANO MA I PECORARI (SCANIO) CHE,UN GIORNO LONYANO AVREBBERO FAVORITO INCORAGGIATO E…FINANZIATO ALTRE FORME DI…PASCOLO,FINO A FAR GIRARE  LE PAL(L)E?
    SARCASTICAMENTE LEI MI RISPONDERÀ CHE UN ROMANZO STORICO SI PUÒ DEFINIRE APPUNTO TALE,NON SOLO PERCHÈ RIPERCORRE LA STORIA MA,ADDIRITTURA,PERCHÈ LA… PRECORRE.
    (ovviamente dipende dalla bravura dell’autore.E Abate,bisogna convenirne,ne èall’altezza.Non é vero?Scusi il “mio” sarcasmo).
    Per mia fortuna non sono nè uno scrittore,nè un critico nè, tantomeno, uno storico.Forse è proprio per questo che,malgrado
    il mio cognome,Scura,di certe cose ho una visione molto “chiara”.
    ED ORA (il tema è da ingegneri,ma vale per chiunque conosca almeno i rudimentali elementi della statica) ANALIZZIAMO,INSIEME,IL FANTASIOSO ATTERRAGGIO DELL’AEREO INGLESE SULLA COLLINA DEL ROSSARCO.
    MA PORCO DEMONIO,COME CAVOLO FA UN AEREO A FERMARSI ALL’ORLO DI UN BURRONE (ed è specficato dettagliatamente), COL MUSO E LE ALI SOSPESE NEL VUOTO,
    A NON PRECIPITARE ?
    TENENDO PRESENTE CHE IL BARICENTRO DEL VELIVOLO È PROPRIO IN CORRISPONDENZA DELLE ALI CHE,PERALTRO, SOSTENGONO I GIÀPESANTISSIMI MOTORI,SAREBBE STATO INEVITABILE CHE IL PILOTA ANDASSE A SFRACELLARSI SUL FONDO DEL DIRUPO.
    QUALCUNO DIRÀ:MA UNO SCRITTORE NON È TENUTO AD AVERE ANCHE SPECIFICHE COGNIZIONI DI AERONAUTICA.
    BENISSIMO,NON LO PRETENDIAMO.ALLORA FACCIAMOGLI ANCHE SCRIVERE CHE UN ASINO VOLAVA SUL ROSSARCO O,MAGARI,CHE UNA BALENA SI ARENAVA SULLE PENDICI DI UNA STUPIDA COLLINA.
    La verità è che nessuno pretende da uno scrittore di romanzi di parlare di cose veramente accadute,ma la decenza vuole che
    le cose che racconta siano,se non vere,VEROSIMILI.
    E POI,UNA ULTERIORE STRONZATA:
    GLI INGLESI LANCIAVANO SU CROTONE “BOMBE A GRAPPOLO”.
    IL POVERO ABATE PENSAVA,E PENSA,CHE SI CHIAMANO “A GRAPPOLO” PERCHÈ,CADENDO DALL’AEREO,RICHIAMANO LO SGRANAMENTO DEI CHICCI DAL GRAPPOLO D’UVA.
    NON SA,IL POVERINO,CHE IL TERMINE FU CONIATO NEGLI ANNI ‘70,PER INDICARE UN TIPO DI BOMBE CHE CONTENGONO AL LORO INTERNO UNA MIRIADE DI PICCOLE CARICHE CHE ESPLODONO DOPO L’IMPATTO COL TERRENO,CAUSANDO MICIDIALI STRAGI PER IL MOLTIPLICARSI
    DEGLI EFFETTI
    (sono bandite dalle convenzioni internazionali.Oggi)
    ALL’EPOCA NARRATA NON ESISTEVANO NEMMENO NELLA MENTE  DEI BELLIGERANTI.
    SOLTANTO UN INCOLTO E SPROVVEDUTO COME ABATE,CHE ATTINGE LE NOTIZIE “STORICHE” DAI RACCONTI DI PARENTI RINCOGLIONITI O ANALFABETI,IN UN AMBIENTE FAMILIARE INCOLTO E CONTADINO,PUÒ RACCONTARCI  STUPIDAGGINI DEL GENERE,SPERANDO CHE TUTTI I LETTORI SIANO “DISTRATTI” COME I MEMBRI DELLA GIURIA DEL CAMPIELLO.
    UN RIPETTOSO SALUTO,
    Ernesto Scura,ottantaseienne ingegnere arbëresh di Calabria.

    COMUNQUE….RI-LEGGA:

    LETTERA AI MEMBRI DELLA GIURIA DEL PREMIO CAMPIELLO 2012

    C(hi)arissimi    Proff.  (e Presidente fondazione “Campiello”),
    mi rivolgo a tutti voi componenti della giuria del prestigioso
    premio “Campiello”2012, quello del cinquantenario,al quale si è  
    voluto attribuire,chissà poi perchè,una valenza di “superpremio”,
    per rivolgervi una domanda:  
    se superpremio  doveva essere,implicitamente,si presume una
    superattenzione da parte di un così dotto consesso di accademici
    ma,voi accademici,”la collina del vento” (nel caso l’aveste
    dimenticato,è il titolo del libro da voi premiato) l’avete letto?
    Io,purtroppo,sull’onda di un’enfatica,assillante,  martellante,
    campagna imbonitrice della kultura dominante,l’ho letto.
    Intendiamoci,non  per “arricchire” la mia cultura ma per verificare
    dove è arrivata la kultura.
    Ed ho constatato dove è arrivata:sull’orlo di un burrone (timpalea),
    ai margini di una collina “del vento” (rossarco).
    Io mi rendo conto che per concorrere ad un premio letterario oggi,
    in Italia,conviene compiacere la vulgata e le mode correnti con:
    – l’antifascismo;
    – la resistenza;
    – l’assioma:  povertà=onestà:
    -l’identificazione: ricchezza=disonestà;
    -la cultura è tale, se è di sinistra ,o non è ;
    -un pò di archeologia (cultura è,addirittura classica);
    -un pò di ecologia (cultura non è,ma fa “chic”) ;
    E “La collina del vento” si è rigorosamente adeguata a questi canoni.
    Ma ve li immaginate un Manzoni,un Tomasi di Lampedusa,concorrere
    al Campiello e venire esclusi  per scarso impegno social-politico?
    Ovviamente chiedo scusa per il sacrilego accostamento,
    ma il confronto tra la meticolosa aderenza storico-ambientale
    dei due grandi e quella
    superficiale,
    confusionaria,
    inverosimile,
    inattendibile,
    assurda,
    ingiustificabile,
    inimmaginabile e,a volte,
    ridicola,del nostro autore ,dovrebbe indurci,tutti,a riflettere.
    1º-come si può pensare che,negli anni trenta ,un Arcuri,
    un semiacculturato,viene elevato al rango di oppositore del
    regime fascista e, quindi,avviato al confino di polizia nell’isola
    di Ventotene,dove sappiamo aver soggiornato oppositori di ben
    altro spessore e di ben altra cultura,come Sandro Pertini,
    AltieroSpinelli, Mauro  Scoccimarro e Pietro Secchia.
    Quel che deve meravigliare non è l’assurdità della mescolanza
    ma l’assurdità cronologica,visto che il confino, a Ventotene,fu
    istituito soltanto nel 1940, quando il semiacculturato , da un bel
    po’,si era già felicemente ricongiunto con la propria famigliola.
    Così,almeno,afferma l’autore.Anzi,fa di più.
    Fa dire al suo eroe,il semiacculturato,alla cui preparazione politica
    ha dato un forte contributo l’immaginaria contiguità con altri più
    illustri confinati,mentre istruisce un gruppetto di  presumibili
    analfabeti  totali,che  “il comunismo,una volta preso il potere,
    darà la terra ai contadini e rispetterà quella dei piccoli proprietari” .
    Al poverino nessuno degli illustri confinati aveva parlato di “kulaki ”
    falcidiati, sulla piazza rossa,a Mosca,dalle mitragliatrici di quello
    stinco di santo di Stalin che,in deroga a quanto teorizzato da
    quell’altro stinco di santo di Lenin,(Lo Stato Padrone),finalmente,
    riconosceva loro il diritto alla proprietà della terra:
    a ciascuno,indistintamente, 3.36 metri quadrati……
    per l’inumazione.(Provate a moltiplicare 1.20×2.80).
    2º – come può essere possibile che un aereo inglese,bombardando
    Crotone, viene colpito dalla contraerea e il pilota,facendo sfoggio
    di una scarsissima intelligenza,dove cerca scampo?
    Tentando un atterraggio di fortuna sulle  spiagge del lungo litorale
    jonico,come più volte  accaduto,prima,durante e dopo il conflitto,  
    a tanti piloti italiani,tedeschi ed alleati, in difficoltà?     No.
    Cercando un qualche splash sul mare?     No.
    La sua temerarietà anglosassone gli suggerisce di cercare la
    salvezza giocando la carta più stupida,e dirige il  velivolo che
    perdeva quota verso la collina boscosa insidiata da burroni e dirupi.
    Peggio per lui? Macchè.  
    Saltellando “come un grillo azzoppato” dove si va a fermare?
    Ma proprio al bordo del burrone,col muso della fusoliera sul vuoto.
    Incredibilmente il pilota esce indenne e viene accolto dalla famiglia
    del semiacculturato che,finalmente,può dare un valido contributo
    alla causa dell’antifascismo,inaugurando,pensate,già nel1940,la
    Resistenza,anticipandola di tre anni rispetto a quella del nord,
    addirittura in Calabria,terra generosa che,a buon diritto,si può
    vantare di tutto,tranne che di  “bella ciao”.
    Dove credete che lo nascondano?Ma proprio nell’unico  vano
    di una casetta di campagna,diciamo di circa 16/20 metri quadrati,
    dormitorio,ricovero per attrezzi e derrate, accogliente nido
    d’amore e deposito di paglia.
    E si sa come sono grandi le …balle.
    3º- come può essere pensabile che “in pochi minuti”,certamente
    da Crotone,giunge su quella fantasiosa collina una camionetta
    con militari.
    Si dovrebbe presumere un agevole raccordo viario con Crotone.
    Invece sappiamo che,ancora oggi,tra fiumare,smottamenti e
    calanchi argillosi quelle colline sono servite da sentieri per…capre.
    Gli antichi greci,poi, non si sarebbero mai sognati di edificarvi una
    favolosa Krimisia,preferendo i siti pianeggianti e,logisticamente,
    sul mare (si pensi a Locri,Taranto,Sibari,Metaponto,Thurio,Siris e,
    appunto,CROTONE,tanto per restare sul versante jonico).
    È da credere,invece, che su quella collina ci si arrivasse solo
    a dorso d’asino.Come,d’altronde,fa intuire lo stesso autore.
    Ed ora viene il bello.Quei militari “vestivano in uniforme
    nazifascista e,dall’accento,si capiva che qualcuno di loro
    era tedesco”.
    Ma come si può essere così puerili.
    Nel 1940,non solo in Calabria,ma in tutta l’Italia,non si registra
    alcuna presenza militare tedesca,men che meno a Crotone,e men
    che meno si favoleggia di una divisa “nazifascista” di cui,peraltro,
    non si ebbero tracce nemmeno durante la Repubblica Sociale che
    tenne ben riconoscibili e distinte le sue forze armate da quelle
    tedesche,nonchè dalle SS naziste.
    Ma il colmo del ridicolo di quei militari è che si accontentarono di
    dare una semplice occhiata alla casetta,il cui proprietario era,
    notoriamente,un “sovversivo”,”disfattista” ed ….antifascista.
    4º-come può essere possibile che la ricerca del pilota inglese,
    quasi a volerne agevolare la fuga,viene rinviata al giorno dopo,
    sempre con militari “nazifascisti”,e siamo sempre in Calabria,e
    siamo sempre nel 1940, rastrellando boschi e dirupi,e dando la
    solita occhiatina alla “inviolabile”stanza senza chiedersi cosa ci
    può essere dietro quelle …balle.
    Ma,via,come si può immaginare che, di quei militari,alcuni si siano
    dedicati a rubacchiare pezzi dal motore dell’aereo inglese,come se
    potessero calzare su motori “nazifascisti”,senza fare i conti con
    la ben nota incompatibilità tra “pollici” anglosassoni e “centimetri”.
    Ignorando,comunque,che già in quegli anni,i motori d’aereo erano
    talmente protetti e sigillati che vi si poteva accedere soltanto
    in officine attrezzatissime, a meno che non si usasse il cannello
    della fiamma ossidrica e,pensate,con quali devastanti effetti sulla
    desiderata riutilizzazione dei …pezzi.
    Ma,poverini,quei “nazifascisti”,nella loro sciocca ingenuità, erano
    forse convinti  che per accedere ad un motore…. inglese sarebbe
    potuto bastare,ovviamente,una semplice,banale chiave….inglese.
    5º-come può essere possibile scrivere pagine così esilaranti
    riferendosi a  precisi ed ormai acclarati fatti storici accaduti a
    ridosso del ‪25 LUGLIO‬ ed oltre il caotico 8 SETTEMBRE 1943.
    Subito ci si informa che i caporioni fascisti sono spariti dal paese.
    È verosimile,se mai,un defilarsi.Sappiamo benissimo che la maggior
    parte la ritroveremo,di lì a poco, a disinvolto  servizio del partito
    comunista,con  buona pace del candido Arcuri  al quale si risparmia,
    molto opportunamente,il dolore di assistere al “riciclaggio” .
    Esemplare il caso di Silvio Messinetti,vice-podestà di Crotone fino
    al 25 Luglio 1943.
    Diamogli appena il tempo di buttare alle ortiche stivali,orbace e   
    camicia  nera e,”voila”,il primo sindaco della nuova Crotone   
    democratica,ovviamente comunista.
    Crotone,in fondo,è vicinissima a “Spillace”.
    È storicamente comprovato che, nello scorcio finale di quel
    convulso arco di  tempo,i tedeschi in ritirata si comportarono da
    galantuomini (magari avessero fatto altrettanto,in seguito, in
    Ιtalia settentrionale) e non si  appropriarono nemmeno di una
    gallina sbandata.
    I soli sbandati che incrociarono erano i malandati soldati  italiani
    del “tutti a casa” che,molto opportunamente e giudiziosamente,
    osservavano con ostentata indifferenza.
    Si limitarono,e quì posso intervenire con testimonianza diretta e
    ricordi personali,a bruciare tutto quanto non potevano portarsi
    dietro e,con rigore teutonico,seguirono un percorso unico:
    la strada litoranea SS 106 jonica.
    In paesini tipo Spillace o insignificanti “colline del vento” non si
    capisce proprio che c…o dovevano andare a fare,vista la mancanza
    di tempo,con gli alleati che,indisturbati,avanzavano speditamente.
    E non vi dico dei “fascisti sbandati” (esistenti solo nella debole
    fantasia dell’autore)che si accodavano ai tedeschi per andare a
    consumare,insieme,vendette di cui ai tedeschi non importava un c…o.
    Ed anche ai fascisti.
    L’arcano é subito svelato:
    OGNI RESISTENZA VUOLE I SUOI  MARTIRI.
    E l’autore subito provvede con due castronerie fuori dalla storia:
    UN INGLESE IMPICCATO,a fascismo caduto,dopo averla fatta
    franca per tre lunghi anni, in barba a quello spietato regime;
    UN COMUNISTA DEPORTATO dopo ‪il 25 Luglio‬ del 43;
    Questi episodi si sarebbero verificati,in Calabria, “a babbo morto”,
    cioè con Mussolini esautorato e prigioniero,prima a Ponza e poi a
    Campo Imperatore.
    Ma quando ci si lascia prendere la mano dalla dappocaggine si può
    anche essere indotti ad ignorare che il Sud era,tutto,sotto il saldo
    controllo e l’autorità del legittimo governo Badoglio che,ad onor del
    vero,con l’Arma dei Carabinieri,mantenne l’ordine dal ‪25 Luglio‬
    fino all’arrivo degli alleati, e anche dopo,specialmente nei più piccoli
    centri,impedendo,se mai,possibili rappresaglie di segno opposto
    sugli,ormai,inermi fascisti.
    6º-come può essere possibile che un prigioniero in Germania
    (il figlio del semi-acculturato) a guerra finita,e quindi liberato dagli
    americani, attraversa a piedi la  Germania distrutta e,dopo due mesi
    arriva,si e no,in Alto Adige, nutrendosi di radici amare (probabilmente
    si portava dietro la zappetta ma,chissà perchè, scartava quelle dolci)
    e patate crude (é risaputo che,in Alto Adige,le patate crescono
    spontanee,a bordo strada,come le radici selvatiche).
    Insomma,più che durante la prigionia,nel campo d’internamento
    tedesco,ha sofferto la fame nel periodo susseguente alla liberazione.
    E gli americani dov’erano,con quel ben di Dio che dispensavano in
    tutta l’Europa liberata?Poi si ricorda,ma guarda un po’tu,di avere
    ancora in tasca un’antichissima moneta ellenica,sfuggita a tutte
    le perquisizioni dei tedeschi,e la baratta, in cambio di cibo,con gli
    abitanti di qualche maso sperduto che,notoriamente,sono  sempre
    stati appassionati cultori di numismatica e stimatori,in particolare,
    di antiche monete della “Magna Graecia”.  
    Mai,ne siamo certi,quel “magna” ebbe significato provvidenzialmente
    tanto appropriato.
    E,di due mesi in due mesi, sempre a piedi,infine giunge a casa.
    Sentite,in Calabria,come in tutta l’Italia,sopravvive ancora
    qualcuno di quelle migliaia di reduci della prigionia in Germania.
    Chiedete a loro.
    Vi diranno che il ricordo  più bello della loro vita è,ancora oggi,
    il viaggio di ritorno,tutto in treno e,solo per brevi tratti,con mezzi
    messi a disposizione  dagli americani, insieme con abbondantissime
    razioni alimentari  in cui, a dire il vero,mancava soltanto il caviale.
    Ma quello,si sa,lo dispensavano i russi,unicamemte,ai fortunati
    italiani che ebbero il privilegio di “trascorrere” la prigionia in URSS.
    Forse fu proprio a causa dell’esagerata ingestione di quella leccornia  
    che non ne sopravvisse quasi nessuno.
                        CONSIDERAZIONI :
    I PROMESSI SPOSI
    GUERRA E PACE
    VIA COL VENTO
    IL PONTE SULLA DRINA
    DOKTOR  ZIVAGO
    IL GATTOPARDO …………non gridano vendetta?
    Ernesto Scura

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