Ho visto “La scelta di Barbara”

Talvolta dimentichiamo che la riunificazione tedesca è ancora giovane (1990). Per fortuna a ricordarci che esistevano una Germania dell’Est e un muro che divideva Berlino c’è tanta letteratura. E ogni tanto qualche film come l’acclamato Le vite degli altri (2006) o come questo.
Barbara è un medico che per motivi disciplinari (ha espresso il desiderio di trasferirsi all’ovest) deve abbandonare il prestigioso complesso della Charité a Berlino. Viene inviata in un piccolo ospedale di provincia nei pressi del Mar Baltico, dove il primario André Reiser la può controllare facilmente per conto della Stasi. Nonostante la scarsa libertà personale Barbara continua a coltivare la speranza di espatriare in Germania ovest dove vive il suo fidanzato Jörg che le sta preparando la fuga. Per due volte Barbara subisce in casa i rudi controlli della Stasi, comprese umilianti ispezioni corporali. Tuttavia la dottoressa lavora con coscienza nel piccolo ospedale, talvolta affezionandosi ai giovani pazienti. In particolare segue il caso di Stella, un’adolescente ribelle che vive segregata in un campo di lavoro e che continuamente tenta la fuga. Intanto il primario tenta goffi approcci sentimentali che lei lascia cadere nel vuoto perché sente avvicinarsi il momento della fuga. Quando tutto è pronto – un canotto di notte la traghetterà in Danimarca – si presenta nuovamente Stella, in cerca d’aiuto. Barbara l’accompagna alla spiaggia facendola partire al posto suo e tornando poi in ospedale dai suoi pazienti.
Il finale, con l’altruismo e il senso del dovere che prevalgono sul forte desiderio di libertà, è un po’ scontato. Ma il film è costruito bene e trasmette perfettamente il clima dell’est in quegli anni. Per connotarlo temporalmente in maniera precisa, il regista Christan Petzold inserisce nella sceneggiatura una radio accesa nei corridoi dell’ospedale che trasmette la radiocronaca di una gara d’atletica. E’ il 1° agosto 1980 e la sovietica Tatjana Kazankina vince, proprio davanti a una tedesca est, i 1500 metri alle Olimpiadi di Mosca.
Altra suggestione che Petzold fornisce, anche se non rilevante ai fini della narrazione, è la disquisizione di André e Barbara davanti a una riproduzione di “Lezione di anatomia del dottor Nicolaes Tulp”, uno dei dipinti più famosi di Rembrandt. Impossibile per me non ricordare che a questo stesso quadro ha dedicato pagine memorabili lo scrittore tedesco di nascita W.G. Sebald nel suo Gli anelli di Saturno“.
Per tornare al film, presentato alla Berlinale del 2012, è l’attrice Nina Hoss a prestare a Barbara la sua algida e imbronciata bellezza.

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