Ho letto “L’ispettore Morse e le morti di Jericho” di Colin Dexter

A furia di avere una delusione oggi e una preoccupazione domani, ti ritrovi addosso una sensazione generale di sconforto verso la vita che non riesci più a scrollare via.
Grazie ancora a Sellerio che mantiene l’impegno di pubblicare ogni anno almeno un titolo di Colin Dexter della serie dell’ispettore Morse, perché questi polizieschi sono molto molto divertenti e l’autore non meritava di essere confinato solo tra i Gialli Mondadori, nei quali era stato pubblicato oltre vent’anni fa. Sellerio li sta riscoprendo con rigore cronologico quindi, come per tutti gli autori seriali, il consiglio è di leggerli dall’inizio.
Riassumo e mi ripeto: l’ispettore Morse è scapolo, misantropo e irascibile. Ama il bere e la musica classica, che ascolta a casa, mentre le bevute le fa ovunque… Il suo nome proprio è Endeavour, ma così non viene mai chiamato, forse perché se ne vergogna. Vive a Oxford e lavora nella Thames Valley Police. Le storie sono perlopiù ambientate nel mondo universitario e se non lo sono lo sfiorano. Il suo braccio destro è sempre il sergente Lewis, che invece è felicemente sposato. Morse lo tratta male, soprattutto se Lewis lo mette di fronte alle numerose cantonate investigative che prende.
Per quanto Morse fosse irascibile, brusco e edonista, Lewis era tremendamente orgoglioso, sì, orgoglioso della sua amicizia con un uomo che quasi tutti gli altri membri della polizia dell’Oxfordshire consideravano un genio insuperabile, anche se un poco eccentrico.
Nell’antefatto di questa inchiesta, Morse rischia grosso. Durante un ricevimento conosce una bella signora, spiritosa e in apparenza disponibile. Morse testa così il proprio fascino, ma forse perché quella sera è molto ubriaco non conclude l’avventura. Passano i mesi e un giorno prende coraggio e si reca a casa della donna, nel quartiere Jericho. La porta è socchiusa, Morse entra, sente che qualcuno è in casa, la chiama per nome, non avendo risposta esce. Qualche ora dopo scopre che la donna, Anne Scott, si era appena suicidata e lui sa di essere stato visto in casa e di aver lasciato qualche impronta.
“Era una donna ancora attraente, per uomini di mezza età, come me e lei, Lewis, ma si tratta di uomini in gran maggioranza già impegnati, come lei, e quelli disponibili sono solo gli avanzi di magazzino, come me: articoli scadenti e di seconda scelta.”
Trattandosi di un suicidio, per quanto inspiegabili siano i motivi, il fatto viene praticamente archiviato, ma a Morse rimane la curiosità di scoprire cosa realmente le sia accaduto. Quando viene trovato morto, questa volta chiaramente ucciso, un uomo nella casa di fronte a quella della Scott, Morse prende le redini dell’indagine.
Ovviamente i due fatti sono collegati e la coppia Morse-Lewis si suddivide l’esplorazione dei mondi frequentati dalla donna: il circolo del bridge, l’università, una casa editrice presso la quale aveva lavorato, gli studenti a cui dava lezioni private di tedesco.
Beveva troppo, fumava compulsivamente, copulava sicuramente troppo spesso…Dio mio, quanto si detestava, a volte!
L’aspetto più divertente della vicenda è nelle modalità con cui opera Morse, spesso ai limiti del lecito, che lo rendono insopportabile ai colleghi. Questa volta prende una cantonata colossale, individuando in una sorta di tragedia greca – l’ennesima riproposizione della vicenda di Edipo e Giocasta, per intenderci – il motivo del suicidio della donna.
Non capitava molto spesso che Morse non avesse uno straccio di risposta per le domande che lui stesso si poneva.
Ma è il sergente Lewis a fargli rispettosamente notare l’errore di deduzione in cui è incorso. E come Morse anche il lettore rischia di perdere il filo di una storia che si fa via via più complicata, tra tradimenti, sostituzioni di persone, ricatti, appostamenti, lettere che scompaiono e ricompaiono. Lei si sta rammollendo, Lewis!
Dexter suddivide i suoi romanzi in capitoletti che scandiscono gli eventi e li fa precedere da battute di una o due righe, tratte da Shakespeare o dalla Bibbia, da Wilde o altri scrittori o da classici antichi, persino dal manuale della polizia, con lo scopo di fornire una velata anticipazione di quanto si leggerà nel capitolo stesso. Analogamente gioca in chiusura, con frasi tipo ….non aveva neppure la più pallida idea dello straordinario susseguirsi di eventi che era sul punto di verificarsi. Un artificio letterario che rimanda a epoche in cui le storie venivano pubblicate a fascicoli, per cui ogni chiusa alludeva a fatti che si sarebbero verificati nella puntata successiva. E in un romanzo inglese questo ci sta bene.

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