Ho visto “Se sposti un posto a tavola”

A mettere in guardia dovrebbe essere sufficiente una delle prime inquadrature: Marie (Louise Monot) sul treno diretto ad Avignone legge L’amour dure trois ans di Frédéric Beigbeder, romanzo (e conseguente film) tra i più insulsi degli ultimi anni. Così ho capito dove stavamo andando. Mi dispiace dover dire che la commedia francese da qualche tempo segna il passo e questa ennesima variante delle ‘sliding doors’ ne è la riprova.
Marie, dopo aver incontrato Eric (Lannick Gautry) sul famoso treno, passati sei anni, convola a nozze. E li vediamo, vestiti da sposi il giorno del matrimonio, avvinghiati in un amplesso su un tavolo del ristorante nuziale. Tutto ok? Nient’affatto perché Marie non sta sposando Eric (un cuoco arruffone, bel tipo, che è stato per cinque anni il suo ragazzo) ma l’elegante e compassato Paul (Tom Raynal) che ha il vizietto degli aeroplanini. Quella che abbiamo appena visto era l’ultima sc….. prematrimoniale tra i due (“basta! è l’ultima volta che lo facciamo…” dice lei), nella foga della quale i cartoncini segnaposto di quel tavolo si sono mescolati. Dopo essersi ricomposto, Eric cerca di dare un senso a quei posti, dove deve accomodarsi un gruppo di parenti e amici stretti degli sposi.
Lì scattano le diverse possibilità: a seconda della nuova distribuzione dei cartoncini, con le stesse persone, si sviluppano quattro possibili soluzioni, più una quinta variante.
Non dico che ogni tanto non ci sia da sorridere, ma di film con le ‘sliding doors’ se ne sono visti a bizzeffe e questo filmetto nulla aggiunge, anzi certe situazione ritrite finiscono con l’essere stucchevoli (le sveltine nei bagni del ristorante, ad esempio).
Ma questa opera prima di Christelle Raynal ha tuttavia un grosso pregio, quello di dispiegare una moltitudine di volti interessanti e assolutamente calzanti su ciascuna parte. Così è per Franck Dubosc (Pierre), l’irresistibile chirurgo, pazzo per il sesso: “Sono l’Einstein dell’adulterio, il Mozart della sveltina” oppure Elsa Zylberstein (la moglie Catherine). E ancora Audrey Lamy (Marjorie, la sorella della sposa), svampita e sfigata sempre alla ricerca di un fidanzato, una sorta di Littizzetto della Languedoc… e Mathias Mlekuz, il patron della galleria d’arte, un po’ cornuto o forse no, a seconda dello sviluppo della trama. Che poi non si capisce qual è il vero epilogo della storia. L’ultimo in ordine di montaggio oppure… Insomma, evviva la casualità della vita!

 

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