Ho letto “Patologie” di Zachar Prilepin

Il nostro comandante di plotone è Collo. E’ così che lo chiamano: la sua testa e il collo hanno lo stesso diametro.
Zachar Prilepin ha scritto Patologie tre anni dopo essersi congedato dagli OMON, le truppe speciali russe con le quali ha combattuto in Cecenia. E’ stato il suo primo romanzo, poi è venuto San’kja con il quale ha mostrato tutta la sua potenza di narratore. Un libro sui giovani nichilisti russi dell’era-Putin, stretti tra il velleitarismo e la disperazione. Mi aveva toccato profondamente e indotto a leggere le altre opere di uno degli autori più sorprendenti della letteratura russa moderna.
L’aereo assomiglia a uno squalo, l’elicottero a una mucca.
Egor, il narratore, viene inviato con i suoi compagni a Groznyi, toponimo che abbiamo tristemente imparato a conoscere negli anni Novanta con la rivolta e l’occupazione in Cecenia. Il gruppo viene dislocato in una scuola adibita a dormitorio e roccaforte, alla periferia della città. Di lì gli OMON dovrebbero uscire per andare a ‘ripulire’ Groznyi dai ribelli. Ma il tempo dell’attesa, tra una sortita e l’altra, è lungo e la scuola si trasforma in una sorta di Fortezza Bastiani. Ma a differenza del romanzo di Buzzati qui i tartari ci sono eccome. E si palesano sparando granate contro la scuola.
Fin dall’infanzia mi risulta insopportabile il battito del mio cuore. Il battito del cuore mi è sempre sembrato disgustoso, traditore, fuggevole.
Per l’introverso Egor, a disagio nel panni del soldato, è tempo di elucubrazioni e reminiscenze. La narrazione alterna così la cronaca brutale della guerra con i ricordi d’infanzia di Egor e la nostalgia per la cagnetta Daisy. Ma ancor più è tormentato dall’immagine di Daša, la sua ragazza, la sua bambina, di cui rivive il rapporto tormentato dalla gelosia.
…temevo che la mia bambina si sarebbe svegliata e, sussurrando “shh”, poggiavo la mano sul suo ventre, caldo come quello di un cagnolino, dove, errando con un mignolo curioso, sfioravo una dolce spirale di peli neri…
Ma la realtà lo richiama ogni volta dal suo passato e la realtà è fatta di armi, paura, sangue, corpi dilaniati, anche di vodka e colossali sbronze fino a perdere i sensi.
…una silenziosa penombra dolciastra di sudore maschile e di odore acidulo degli anfibi umidi.
Odori che sono anche – pare di sentirli – di sangue rappreso, fognature saltate e pesce essiccato, sardine in scatola, aglio e cipolla, gli unici cibi compatibili con quell’attività. Le sortite dei russi nella città fatta di macerie – guidati da Hazan, un ceceno che sta da questa parte – si fanno sempre più rade e la scuola diventa oggetto di un vero e proprio assedio. I compagni di Egor saltano in aria uno dopo l’altro sotto i colpi dei mortai oppure vengono sventrati durante le incursioni dei ceceni. La vodka tiene lontana la paura ma rallenta i riflessi. Egor comprende che se vuole salvare la pelle deve adeguarsi al cinismo dei compagni, in una parola deve anche uccidere.
La paura si condensa nel respiro mio e di quelli che mi corrono accanto, nel rombo del carro armato, nell’aria.
I momenti in cui riflette su se stesso, sulla vita e su Daša, sono condizionati dall’incalzare degli eventi, si fanno meno frequenti ma i contenuti diventano più patologici, il sesso e il possesso, la gelosia maniacale per i legami precedenti della ragazza, l’autostruggimento.
Mi si rivelava il più bel paesaggio di questo mondo, una geografia inebriante, il dolce frutto aperto del colore di una pesca bagnata, della polpa del kiwi…o una bizzarra conchiglia marina…
Roba forte, insomma. Manca una riflessione sul perché tutto questo, ma al Prilepin soldato divenuto scrittore sarebbe chiedere troppo. Forse la riflessione è insita tra le righe, nella figura di un soldato soprannominato il Monaco, un timorato che cerca inutilmente di convincere i compagni – pur di di fronte alla carneficina – dell’esistenza di Dio.
Una fortissima scarica di terrore mi assale, e scatto con uno sforzo di tutti i muscoli, avvertendo con la schiena che il pezzo di terreno dove ero disteso viene rattoppato dal fucile del nemico che spara.
Patologie: libro da non sottovalutare. Prilepin: scrittore da seguire. Voland: casa editrice da ringraziare per queste proposte (ma chi segue la letteratura russa di oggi lo sa già). Chiedo solo un po’ più di attenzione agli errori di stampa.
Le prime rovine della terza guerra mondiale emanano calore.

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