…quello strano disturbo del comportamento che costringe a trasformare tutti i sentimenti in parole scritte e che, pur mirando alla vita, riesce sempre con sorprendente precisione a mancare il centro.
Sei scritti – mi dispiacerebbe chiamarli saggi, saprebbe di saccenteria mentre la sua è una divulgazione piana – di Winfried George Sebald compongono questo eccezionale volume. Cinque scrittori e un pittore ne sono l’oggetto, e al centro c’è sempre il tema del viaggio o meglio lunghi percorsi a piedi che consentono meditazioni e scoperte altrimenti impossibili. Sebald è stato un buon camminatore, come lo è stato Robert Walser (Il passeggiatore solitario) e come lo era, lo scopro ora, J.J.Rousseau. Nessun altro scrittore mi ha mai dato gli stimoli, la voglia di approfondire (e di riflettere sulla mia ignoranza) che mi dà Sebald. Esco da questa lettura con un paio di scrittori da cercare e la voglia di un viaggio che sto già pensando di organizzare: in Svizzera, la regione del Seeland e precisamente Bienne e il suo lago e ancor più l’Île Saint-Pierre. Perché di Bienne era originario Robert Walser, mentre sull’isola si era rifugiato Rousseau per sfuggire ai suoi detrattori, il senato di Ginevra e il clero di Neuchâtel. E’ da queste parti che ci porta Sebald.
Dapprima ci fa conoscere l’autore d’almanacchi Johann Peter Hebel e il suo Tesoretto dell’amico di casa renano (1811), gran divulgatore che osserva e discetta di pianeti, animali, agricoltura, guerre, mentre confuta superstizioni, come quella secondo cui la comparsa di una cometa in cielo significherebbe sventura imminente.
Poi ci parla della sua visita nel 1965 all’isola di San Pietro, sulle tracce di Rousseau, dove è rimasto ore seduto alla finestra della sua stanza. Luoghi a cui Rousseau dedica la quinta delle Fantasticherie del passeggiatore solitario.
Lì nella camera di Rousseau io mi sentivo come di ritorno nel passato, un’illusione alla quale mi era tanto più facile abbandonarmi, in quanto sull’isola regnava lo stesso silenzio, non contaminato da alcun rombo di motore, neppure il più remoto, come doveva essere sulla Terra ovunque uno o due secoli orsono.
Un capitolo è dedicato a Eduard Mörike, scrittore e poeta tedesco (1804-1875), un altro a Gottfried Keller, un grande della letteratura svizzera e forse la scoperta più intrigante che mi fa fare Sebald. Credo che dovrò cercare e leggere Enrico il Verde e Martin Salander. Keller ha denunciato in anticipo gli allettamenti dell’oro fasullo, il capitale che prolifera selvaggio, che viene di continuo reinvestito e corrompe i buoni istinti.
Sebald ripropone poi Il passeggiatore solitario, quaranta intensissime pagine in ricordo di Robert Walser, già uscito sempre da Adelphi in un libretto singolo. E infine un capitolo è dedicato a Jan Peter Tripp, un pittore tedesco contemporaneo, amico d’infanzia di Sebald.
E la pittura, che cos’è alla fine, se non una sorta di dissezione anatomica al cospetto della nera morte e della bianca eternità?
Grande scrittura, grande scrittore W.G. Sebald!
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