Ho letto “Una educazione amorosa” di John Banville

Che cosa ricordo di lei, in questi soffici giorni pallidi sul finire dell’anno? Immagini da un lontano passato mi si accalcano nella testa e per metà del tempo non so dire se siano ricordi o invenzioni.
Sono così orgoglioso della copia del libro con firma autografa del mio scrittore preferito! Frutto di una serata trascorsa al Circolo dei Lettori che in verità mi ha indispettito per la scarsità di presenze tra il pubblico (però i pochi presenti erano attenti e preparati…). “To Ricardo, John Banville” recita ora il frontespizio. Lo spagnoleggiante Ricardo è dovuto al fatto che non ho fatto in tempo a dirgli “with double c”, come dico sempre agli scrittori anglosassoni quando mi firmano le copie dei loro libri.  In questo romanzo ricco di sorprese Banville si interroga molto sui meccanismi della memoria, per arrivare ad affermare che… Alcuni dicono che, senza accorgercene, ci fabbrichiamo i ricordi strada facendo, ricamando e infiorettando, e io sono incline a crederlo, considerato che Madama Memoria è una grande e scaltra dissimulatrice.
Il narratore infatti, superata la soglia dei sessant’anni, vaga con la memoria tra i ricordi di quando era bambino e poi adolescente, quando sperimentava il mondo e osservava il biancore di un pezzo di pelle che spuntava tra reggicalze tesi e mutandine perlacee di satin di una Dama in Bicicletta. Sì, osservava molto certe cose – a bocca aperta e con gli occhi fuori dalle orbite, ma proprio quegli scampoli di seta che costituiscono l’ultima barriera tra la nudità femminile e la nostra fissità stralunata – il giovane Alexander Cleave, come abbiamo fatto tutti del resto a quell’età, ma a quindici anni ha poi vissuto un’avventura pazzesca: una storia di sesso durata un’intera estate con la mamma del suo miglior amico.
Cleave a sessant’anni è un attore di teatro ormai in disarmo dopo una disavventura professionale (aveva perso la memoria sul palcoscenico durante la rappresentazione di un classico greco) a cui viene chiesto di tornare a recitare, per la prima volta in un film, impersonando Axel Vander un professore/impostore la cui biografia stanno cercando di portare sugli schermi. Cleave vive ritirato nella campagna irlandese con la moglie Lydia, affranti entrambi dal ricordo della figlia Cass, una ricercatrice morta suicida durante un viaggio a Portovenere.
Giova ricordare, prima di procedere e a beneficio di coloro che vogliano accostarsi a questo libro, che le vicende di Cleave, allora cinquantenne in piena crisi esistenziale, sono raccontate in Eclisse, che lo stesso Banville ha scritto nel 2000. E che è di due anni dopo L’invenzione del passato, il meraviglioso romanzo ambientato a Torino (non a caso il titolo originale è Shroud, un chiaro riferimento alla Sindone) in cui sono narrate le vicende di Axel Vander. Lo studioso arriva a Torino per un convegno e si incontra con Cass Cleave, giovane storica che conosce il segreto su cui il professore ha costruito la propria carriera. Che strazio dev’essere per Alexander Cleave impersonare per lo schermo l’uomo che probabilmente c’entra qualcosa con la morte della figlia. E questo Vander è il personaggio che devo interpretare. Povero me. La storia di Vander intesse un certo mefitico sortilegio.
In Una educazione amorosa – pessima traduzione, come è nella tradizione editoriale italiana, del titolo originale Ancient Light – Banville alterna le vicende di Cleave quindicenne ed i suoi amplessi con Mrs Gray con la condizione dell’attore sessantenne che si ritrova sul set pressato tra la ansie della produzione e quelle della giovane protagonista femminile, che a sua volta farà un maldestro tentativo di suicidio. Per riportarla sulla scena e far riprendere il film Cleave non trova di meglio che accompagnarla in un doloroso viaggio in Italia, in una Portovenere fredda e autunnale, dove Cass aveva vissuto le sue ultime ore.
Ma l’attore ha anche la curiosità di saldare i suoi ricordi adolescenziali – si riveleranno esatti solo in parte – con il presente e scoprire che ne è stato della sua prima amante, allora trentacinquenne mamma di due bambini e oggi ottuagenaria. E qui ci sarà l’ultima sorpresa del romanzo.
Accanto a schegge narrative che sanno di autentica poesia, Banville non disdegna di disseminare nella storia anche facili amenità. Che dire altrimenti di un prete che di cognome fa Priest o del giorno della sua ‘prima volta’ che doveva essere un giorno festivo o un giorno consacrato – la festa di san Priapo, magari.
Ma diverte anche l’esuberante baldanza erotica di Alex, uno sbarbatello nelle mani di una sapiente nave scuola: certo, mi garantiva piena libertà sul suo corpo, quell’opulento giardino di piaceri tutto da sorseggiare e suggere…
Banville, oltre che grande scrittore, è persona piacevole, al netto del fatto che non sorride mai, come è stato sottolineato quella sera al Circolo dei Lettori.
Dove va a finire, quando moriamo, tutto quello che siamo stati? Quando penso a coloro che ho amato e perduto è come se vagassi tra statue senza occhi in un giardino all’imbrunire.
Romanzo da cinque stelle !

 

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