Ho letto “Gli oscuri” di Luis G. Martìn

E’ un librettino di racconti, tredici per l’esattezza, con storie di ogni epoca e ogni latitudine che l’autore, un madrileno classe ’62, ha scritto nel 1990. Sono tante piccole biografie di personaggi immaginati (o dimenticati?) di cui nessuno parla mai ma che nelle pagine di un libro assumono vigore e veridicità.
Quei lunghi anni di navigazione – diceva – avevano portato scompiglio nel suo animo. Era ormai stanco di paesaggi provvisori e amori fugaci.
Sono storie destinate in prevalenza a finir male, come quella di Ernst Kloshe, un fotografo che gira mezza Europa cercando di trovare la bellezza assoluta componendo con frammenti di fotografia di vari personaggi un mostro di carta, un mosaico di molti pezzi ricavati da migliaia di scatti: inevitabile la sua follia. O come la penosa storia di Zelia Montero, una giovane portoghese nata brutta e deforme per una grave malattia alle ossa, che ingigantiva nella sua immaginazione la misura della deformità e colmava a poco a poco la solitudine con una nuova passione: il risentimento.
Zelia reclutava portuali per provare a pagamento l’ebbrezza della carne: Lei si sforzava di mostrarsi repellente, quanta più degradazione metteva in quelle visite notturne (…) tanto più grande era dopo la dolcezza della memoria… Morì poi in un disastro aereo nel 1974.
C’è anche spazio per personaggi italiani, come quella Angelina Ricordi che essendo stata concepita da emigranti napoletani durante il viaggio in nave verso Buenos Aires, imputava la natura incostante della sua esistenza a quella origine sradicata e incerta. Oppure la storia omosessuale di Guido Perotti e Alessio Meldolesi, che trae l’avvio a Torino durante la guerra partigiana ma poi si divarica e negli anni ’70 diventa un torbido noir passionale di ambientazione politica.
Sono piccole storie che si leggono rapidamente di un autore spagnolo destinato a rimanere semisconosciuto se non fosse per questo libercolo pubblicato da Sellerio.
Cercò di capire, adoperando procedimenti diversi, cosa era l’amore, quale era la sua sintomatologia e perché l’organismo continuava ad essere vulnerabile a un virus che già conosceva e di cui aveva già sofferto.

 

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