Ho visto “Gloria”, non quello di Cassavetes del 1980

L’accanimento con il quale Gloria – tra i cinquanta e i sessanta, divorziata, due figli grandi – cerca di trovare una nuova modalità di vita è davvero encomiabile. Gettarsi però anima (e corpo) in logoranti uscite serali, feste, discoteche porta inevitabilmente a incontri, per bene che vada stucchevoli, più probabilmente pericolosi. Così tra ‘malmarià’, come si dice in piemontese, e professionisti del tradimento, Gloria finisce nelle braccia di Rodolfo, un coetaneo signorile, con il quale ritiene di aver trovato una soluzione alla propria solitudine.  L’uomo si rivela però inaffidabile, compare e scompare nella vita della donna e infine sparisce durante un weekend al mare lasciandola sola, in balia di stessa e di fronte a una serata da inventare, che si rivelerà quasi drammatica. Il ritorno alla vita ordinaria per Gloria è inevitabile.
Il film non è eccelso, vale appena la sufficienza. Ha il merito però di puntare i riflettori su uno dei problemi della terza età: la ricerca di una compagnia quando si rimane soli. Il regista cileno Sebastian Lelio tratta con delicatezza un tema universale, aiutato dalla fisicità dell’attrice Paulina Garcia, Orso d’Argento come migliore attrice al festival di Berlino 2013, che mostra con noncuranza il suo corpo arrotondato dall’età (in questo senso assai peggio è lo spasimante Rodolfo che al primo amplesso rivela sotto la camicia una poco rassicurante pancera…). Che dire, così va il mondo, così è la vita! E da situazioni come queste siamo circondati, se non addirittura ne siamo protagonisti… E allora sorge spontanea la domanda: perché andarle a cercare in un film?
C’è poca gloria per Gloria e non ci rimane che riascoltare  il tormentone (1979) di Umberto Tozzi, una delle canzoni italiane di maggior successo internazionale, ovviamente brano fondamentale nella colonna sonora del film.
…per me che senza gloria, con te nuda sul divano faccio stelle di cartone pensando a Gloria…

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