Ho visto “La prima neve”

Bel film, non foss’altro per quella fisarmonica rossa suonata dal bambino Michele, le cui note contrappuntano splendidamente i suoi vari stati d’animo: serenità, tristezza, mancanza, rabbia soprattutto. Perché è un film sui vuoti, sull’assenza: a Michele manca il papà, morto in montagna (il ‘come’ lo scopriamo solo nel finale), alla mamma il marito, il figlio al nonno. Bella figura questa, scolpita nella saggezza montanara: “Le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme” ama ripetere. Si riferisce al legno e al miele, ma si capisce subito che vale anche per le persone. Che qui è come se metaforicamente si annusassero, per scoprirsi, per conoscersi, visto che con la parola è molto più difficile.   E il film è pieno di silenzi, molto rispettoso della natura che è protagonista a modo suo, con gli alberi, gli animali selvatici, l’orso la cui presenza incombe fra le case, sempre pronto a recar danni e spavento.
C’è anche Dani, un profugo dal Togo transitato dalla Libia e poi sui barconi nel Mediterraneo con altri sventurati, che a sua volta ha perso la moglie partoriente ed è rimasto con una figlia piccola. Il sistema di assistenza dei profughi gli ha trovato una base e un lavoro dal nonno falegname di Michele: precario, ma pur sempre un lavoro. Ma lui vuole abbandonare la figlia perché gli ricorda troppo la moglie e raggiungere Parigi, chissà perché Parigi. Dani ricrea però un buon rapporto con Michele, dapprima fatto di diffidenza e silenzi. L’arrivo della prima neve dovrebbe segnare la partenza di Dani, ma prima c’è da scoprire dove e come è morto il papà di Michele e il bambino lo accompagna in quel tragico percorso. E allora chissà se le cose cambieranno, perché la mamma, Anita Caprioli, ha delle ‘assenze’ nei confronti del figlio e pare più interessata a trovare un surrogato ‘fisico’ del marito.
Nel film c’è anche Battiston, un bravo attore a cui però il cinema chiede sempre di fare il …Battiston. Qui è un montanaro strambo, forse un tantino tocco, che sogna di andare un giorno in Madagascar, chissà perché poi proprio il Madagascar.
C’è molta Film Commission in questo secondo lungometraggio di Andrea Segre (il primo era stato Io sono Li), ovviamente quella del Trentino, che ha scelto nella splendida Valle dei Mocheni, un’enclave germanofona laterale rispetto alla Valsugana, la location più suggestiva possibile.
PS. Non perdete su youtube il provino del bambino protagonista, Matteo Marchel.

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