Ho letto “Expo 58” di Jonathan Coe

Thomas tirò un profondo respiro, sospinse la porta ed entrò. Era la prima volta che veniva ammesso nell’ufficio di Mr Cooke.
Thomas Foley, giovane funzionario del Central Office of Information di Londra, è stato individuato per andare a sovrintendere alla presenza britannica alla Exposition universelle et internationale di Bruxelles del 1958.  Il momento è importante: è la prima expo del dopoguerra e tutti i paesi sono ansiosi di mostrare al resto del mondo i loro progressi. Bruxelles si gioca una grande carta, mette a disposizione il parco dell’Heysel e costruisce l’Atomium,  il gigantesco monumento che diventerà il suo simbolo. Fin dall’inizio Thomas viene chiamato a far parte della cabina di regia in cui si discute che cosa la Gran Bretagna dovrà esporre. Una storia delle latrine britanniche è la prima idea, ma viene liquidata dopo una esilarante discussione. Si decide poi per un vero pub e per l’esposizione del progetto Zeta, una tecnologia talmente avanzata che tutto il mondo invidierà.
…nelle settimane successive, l’errore di Thomas, forse, fu di rendere un po’ troppo evidente il suo entusiasmo alla prospettiva di partire per Bruxelles.
Sì, perché il ragazzo ha una moglie, Silvia, e una bambina appena nata, e la missione alla quale è comandato prevede una permanenza in Belgio di diversi mesi. La progettazione del pub ha inizio e presto il nostro funzionario si ritrova all’Expo.
Poveri belgi. E’ questo, dunque, che intendiamo dare loro? Salsicce con purè di patate e pasticcio di maiale della settimana scorsa, il tutto innaffiato da una pinta di birra tiepida? E’ sufficiente per farti venire voglia di emigrare.
A Bruxelles Thomas si ambienta subito. Fa amicizia con una bella hostess del posto, non sente per nulla la nostalgia di casa ma presto si trova al centro di un intrigo internazionale. Siamo ai tempi della guerra fredda, quei buontemponi dei belgi hanno messo i padiglioni americano e sovietico uno accanto all’altro, ma ciò che fa gola è il prototipo nucleare inglese. A questo punto si innesca una girandola giallo-rosa, magari ingenua e poco credibile ma con diversi spunti esilaranti.
Ieri è venuto un altro gruppo di gente. Erano del Congresso mondiale sulla prevenzione degli incidenti sul lavoro nell’industria. Sfortunatamente uno di loro è caduto dalle scale mentre andava in bagno e hanno dovuto portarlo di corsa all’ospedale con una gamba rotta.
Thomas fa amicizia con un russo proprio mentre sta leggendo Dalla Russia con amore di Ian Fleming e cerca di ispirarsi al libro per i suoi comportamenti, sapendo che l’altro potrebbe essere una spia. Coe dà il meglio nella parodia delle spy story, nel tratteggiare i personaggi e nella presa in giro dei caratteri nazionali. Ma ho trovato particolarmente calzante l’atmosfera delle fasi preparatorie del grande evento, del tutto simile ad altre che ho vissuto in prima persona, a cominciare da Torino 2006.
Al termine dell’esposizione Foley intanto è ritornato alla sua famiglia e al suo vecchio lavoro.
Thomas era alla sua scrivania in Baker Street, disperatamente depresso. Il suo prossimo compito sarebbe stato di stendere un pamphlet sui rischi della guida in stato di ebbrezza.
Ma poi Jonathan Coe lo riporta in Belgio, vecchissimo, addirittura nel 2009, per cercare le tracce di quella che era stata la sua avventurosa permanenza durante l’Expo 58.
Commedia brillante e tradizionale umorismo inglese.

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